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L'analisi

Perché le condizioni dei fiumi trentini ci devono preoccupare

A spiegarlo è il Comitato difesa acque del Trentino che, in una nota stampa, immagina una lettera a Babbo Natale e "Mamma Provincia", a cui rivolgere il loro appello

Il 2023 è stato un anno negativo per i fiumi del Trentino, un po' come gli anni precedenti. I corsi d’acqua alpini sono stati tutti o quasi fortemente alterati da restringimento di alvei, canalizzazioni, rettifiche del loro naturale andamento e, a partire dal dopoguerra, dalle grandi e piccole opere a scopo idroelettrico. Tutto ciò ha portato a una drastica riduzione del tempo di permanenza dell’acqua negli alvei con conseguente diminuita ricarica delle falde e del tempo di corrivazione, banalizzando il tempo tra l’inizio della pioggia e il tempo in cui l’acqua raggiunge la fine del bacino, e quindi le piene arrivano prima. A dirlo è il Comitato difesa acque del Trentino che, in una nota stampa, immagina una lettera a Babbo Natale e "Mamma Provincia", a cui rivolgere il loro appello. 

"La diminuita ricarica delle falde ha effetti sia sui periodi di siccità, probabilmente sempre più frequenti, che sulle piene, anch’essi probabilmente in aumento - si legge in una nota stampa -. La falda infatti assorbe parte dell’acqua per l’aumentata pressione durante le piene per restituirla quando la pressione è bassa nei periodi di siccità e sappiamo quanto questi due aspetti siano fondamentali per non ricorrere ancora alla costosissima gestione delle emergenze. Sulla necessità di ricaricare le falde, attraverso progetti che in genere sono molto meno costosi e molto più efficaci dei bacini artificiali, si sta lavorando molto in Europa ma anche in Italia, ad esempio in Veneto".

Un’altra questione problematica è quella legata alla qualità chimico-biologica delle acque e ai considerevoli apporti di nutrienti ed inquinanti che vengono trasportati dai terreni circostanti, spesso privi di quella vegetazione che svolgerebbe un’importantissima funzione tampone, all’interno di torrenti e fiumi. "Siamo consapevoli che indietro non si torna: il grande idroelettrico è strategico - si legge sempre nella letterina natalizia -, il territorio è ampiamente modificato e molte aree golenali e di espansione dei corsi d’acqua sono occupate dalle attività dell’uomo. Non è quindi facile poter ipotizzare interventi su larga scala di rinaturalizzazione dei corsi d’acqua. Per ora, sarebbe un buon inizio “trovare sotto l’albero” alcuni progetti di riqualificazione, cioè interventi mirati a ripristinare le condizioni degli alvei e delle rive in determinati tratti di fiume. La recente approvazione della Nature Restoration Law, la legge europea per il ripristino della Natura, è testimonianza dell’evoluzione della normativa proprio in questa direzione. Per il prossimo anno quindi, cari Babbo e Mamma, chiediamo alcuni progetti di riqualificazione fluviale realizzati con rigoroso approccio scientifico e con il coinvolgimento di quei professionisti di questo specifico settore che è, per sua natura, materia interdisciplinare. Riteniamo che sia fondamentale una cura di tutte le delicatissime fasi, ma soprattutto del "prima" e del "dopo" l’intervento programmato. Siamo convinti che un progetto di riqualificazione fluviale debba essere discusso e condiviso innanzitutto con le comunità locali, le amministrazioni e i portatori di interesse, che vanno educati a un nuovo modo, più scientificamente fondato, di intendere la gestione dei corsi d’acqua e l’ambiente in generale. Inoltre grande attenzione deve essere dedicata alla totalità del corso d’acqua: gli interventi che riguardano un tratto di fiume servono a poco senza che vi sia anche, parallelamente, un'azione a monte e a valle".

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