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Arco, un hotel Covid per oggi e il futuro. Betta: «Ricostruiamo un modello insieme»

L'idea del sindaco di Arco è rivoluzionaria: abbattere la burocrazia e imparare a convivere con il virus che ha messo in ginocchio il mondo interno

Un hotel Covid, un'idea simile agli ospedali di comunità ma con una visione molto più ampia, dove le persone possono essere accolte e trovare un luogo dove andare se contraggono il virus e non hanno modo di mettersi in isolamento. È l'idea del sindaco di Arco, Alessandro Betta, condivisa con i sindaci della Valle in un incontro di venerdì 13 novembre. Insieme a Betta, sul tavolo del Coc (Centro operativo comunale), erano presenti il sindaco di Nago-Torbole Renato Girardi, presidente della Conferenza dei sindaci e quello della Val di Ledro Gianni Morandi presidente della Comunità di Valle. 

«Ho sempre un po' cercato - spiega Betta -, all'interno di questa pandemia, di provare a dire che una volta che abbiamo capito che siamo in emergenza, non possiamo continuare ad agire allo stesso modo, senza voler assolutamente scaricare sugli altri, però mi sento come su una spiaggia, con uno tzunami in arrivo e io che rimango seduto, perché la burocrazia non permette di alzarmi in piedi. L'idea dell'hotel Covid è quella di dire: come Garda Trentino mi sto rendendo conto ce c'è gente che ha bisogno anche solo di un pasto ma questo virus li mette in ginocchio. Se aspettiamo ancora, verremo travolti. C'è chi ha bisogno di assistenza e anche chi è disponibile a pagare per averla. Vedo che ci sono alberghi chiusi e volontari, anche se per questi ultimi bisogna avere la strumentazione rodata. Ho raccolto le energie e le idee da tutto ciò che leggo e sto cercando di far prendere forma alla cosa». 

Un hotel con 80 posti per le situazioni più disparate, è questa l'idea di Betta, perché, sostiene, sarà sempre di più una necessità. Il Comune di Arco, da solo, non ha la struttura e il personale per fare questo, ma come territorio la comunità di Valle e con i servizi sociali, potrebbe essere possibile. Oggi assistere le persone a casa significa impiegare molte energie, mandare un'equipe, invece, nell'idea del sindaco di Arco, prevede che tutto questo possa essere razionalizzato facendo confluire questi casi in un unico punto, attrezzato e organizzato.

«Ho una mia visione sul Covid - continua Betta -, sento che in questo momento non ci sono grandi teste illuminate che stanno ragionando. Leggo un po' dappertutto, ma non ho visto alcuno dai livelli alti dare una lettura su quello che stiamo vivendo, se non sul vaccino. A me viene in mente mia nonna, malata terminale di tumore e persona comunque sempre in grado di sorridere, quando si parlava negli anni Ottanta del vaccino per l'Aids, rispondeva con una battuta colorita sulle speranze. Dopo tanti anni,  la medicina ha fatto passi da giganti, ci si protegge nel sesso, negli ospedali non ci si ammala più, ci sono dei medicinali che allungano la vita, ma il vaccino non è arrivato. Per me questo è qualcosa di importante, come è importante leggere la storia».

Quali sono i fatti storici che hanno coinvolto il mondo in maniera così forte? Si interroga il sindaco: «Tre, secondo me i più recenti: le due Guerre Mondiali e la pandemia della Spagnola. I miei professori del liceo dicevano che leggendo la storia si può costruire il futuro e capire meglio il presente. La Spagnola è stata un disastro e non c'era la globalizzazione e dopo ci sono state due Guerre Mondiali. Non dico che ci saranno due guerre mondiali dopo il Covid, ma credo che da una lettura di questi fatti si debba capire un po' quello che sta succedendo. Non saranno i vaccini, non ci sveglieremo domani e sarà tutto finito, non sarà il negazionismo. Secondo me bisogna dire: siamo in una guerra, quella che il Covid ha lanciato agli esseri umani e dobbiamo reagire. Noi stiamo morendo di burocrazia nel nostro Paese. Stiamo facendo delle cose che sono assurde, quindi servono anche dei provvedimenti forti. Io non credo in un nuovo lockdown, vorrebbe dire morire di fame e di altre cose. Oggi se la sanità non funziona il problema deriva da 30 anni di inefficienza, non è tutta colpa del presidente Maurizio Fugatti, ma non sono qui a distruggere chi è venuto prima di me». 

Secondo Betta, la prospettiva più immediata è che il Covid faccia parte della quotidianità di tutti, che quindi i positivi non debbano sparire, ma semplicemente stare a casa a curarsi e che quindi i sindaci non debbano continuare a fare ordinanze per «procurata pandemia» ma andare avanti, cercare di evolversi in questa situazione, smettendo di arrancare. È la flessibilità quella che chiede Betta in questa situazione surreale, la possibilità di cambiare il presente e il futuro di un Paese che è sempre andato avanti a burocrazia. 

«Se in alcuni luoghi non sono stati costruiti gli ospedali, è perché siamo bloccati ancora a concorsi, bandi e ricorsi - prosegue Betta -. Il Covid ci ha cambiato il mondo e noi non stiamo cambiando. Ci sono tante cose che non stanno andando. La mia idea dell'hotel Covid, secondo me, risponde a un'esigenza di oggi e anche di domani. Ci sono positivi che hanno case piccole e non si possono mettere in isolamento, come fanno senza infettare il resto della famiglia? Poi, ci si può ammalare una seconda volta, ad Arco c'è stato un caso».

È un appello al cambiamento, quello legato al progetto futuro di Betta che rimane convinto nella sua scelta e farà in modo di aprire una struttura che risponda a quelle che per lui saranno le esigenze del futuro, oltre che essere quelle del presente. «Per me la vita è un qualcosa di bello - conclude Betta -, dobbiamo vivere al massimo delle nostre possibilità. Il positivo non è un untore, non deve aspettare un'app che lo avvisi. Questa cosa ci può portare ad essere più responsabili e vivere con più semplicità».

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