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Abolita la denominazione 'Alto Adige'? Fake news, ma è stata una mossa politica

L'emendamento alla legge provinciale non cambia la dicitura utilizzata anche nella Costituzione, ma l'importanza dell'operazione politica resta. Ecco cos'è successo

"Tanto rumore per nulla". E' il governatore altoatesino Arno Kompatscher a fare chiarezza nel polverone sollevato dalla stampa nazionale sulla presunta abolizione del termine Alto Adige dalla dicitura ufficiale. La provincia di Bolzano, terra che presta il fianco a polemiche di questo tipo, dove periodicamente si consumano battaglie politiche sulla toponomastica, con tanto di cartelli cancellati o censurati per protesta, è finita nuovamente sotto i riflettori.

Questa volta, però, il caso appare palesemente gonfiato, anche se è un segno evidente dell'importanza che le denominazioni rivestono nella terra del bilinguismo. Un'importanza tutt'altro che simbolica.  

Via la denominazione 'Alto Adige'. Cos'è successo?

Il Consiglio provinciale di Bolzano ha approvato un emendamento per cancellare l'espressione 'Alto Adige' all'interno di un disegno di legge sull'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione Europea. La legge 30, la cosiddetta "legge europea", è stata poi approvata, con quell'emendamento.

L'emendamento è stato approvato grazie all'unione di tutti i partiti di lingua tedesca presenti in Consiglio: il megapartito di centro (o perfino centrosinistra, a seconda delle occasioni) SVP e quelli più orientati a destra, ovvero Süd-Tiroler Freiheit e Freiheitlichen. Astenuti: PD, Lega e Team Koellensperger. Insomma, l'emendamento è stato una prova di unità per i tre partiti di lingua tedesca, divisi su altri fronti.

Dal testo della legge la dicitura italiana è stata cambiata da 'Alto Adige' a 'Provincia autonoma di Bolzano', mentre nel testo tedesco (in Alto Adige le leggi sono sempre scritte in due lingue) la dicitura è rimasta 'Südtirol', quando a rigor di logica avrebbe dovuto essere cambiata in 'Autonome Provinz Bozen'.

Il caso mediatico e le reazioni politiche

I maggiori quotidiani nazionali hanno ripreso la polemica sollevata dalla destra nazionalista di lingua italiana, l'Alto Adige nel Cuore, che fa capo a Fratelli d'Italia. Un partito che, come si vede nella foto, vorrebbe la cancelazione del termine tedesco, non solo nei documenti ufficiali. Un titolo come "Abolita la denominazione Alto Adige, resta solo Südtirol", letto a sud di Borghetto ha chiaramente tutto un altro significato. La verità è che, come ha spiegato il Landeshauptmann Arno Kompatscher (perdonateci, questa volta, il termine tedesco) cambiare la dicitura non si può, visto che nella Costituzione sono previsti solamente i termini 'Provincia autonoma di Bolzano' (che in Alto Adige viene tradotto pari pari) e 'Regione autonoma Trentino Alto Adige - Südtirol'. Il nome in tedesco venne aggiunto con l riforma del Titolo V, nel 2001.

Scomodato di domenica sera dai titoli della stampa nazionale, e forse dai ferventi solleciti dell'onorevole bolzanina di Forza Italia Michaela Biancofiore, il ministro agli Affari Regionali Francesco Boccia ha reso noto tramite una nota di aver "personalmente richiesto al presidente Kompatscher di intervenire sulla vicenda perchè è necessario rendere i testi italiani e tedeschi perfettamente identici e rispettosi della Costituzione. Se così non dovesse essere, la legge sarà impugnata dopo la sua pubblicazione".

La legge provinciale, dunque, non elimina alcunchè, ma è anche vero che potrebbe trattarsi a tutti gli effetti di una legge anti-costituzionale. Il presidente Kompatscher ha ammesso il "pasticcio" della non corrispondenza del termine italiano 'Provincia autonoma di Bolzano' con quello tedesco 'Südtirol' ma ha minimizzato sugli effetti della legge. In futuro, ha detto, occorrerà mettersi d'accordo. Insomma, ci sarebbe stato un errore, e non un tentativo di secessione linguistica. Ma un errore, come tale, si cancella, e farlo spetterà al ministro. Nel frattempo i partiti di ligua tedesca, con l'astensione del centrosinistra italiano ma anche della Lega, hanno dato prova di unità sulle questioni identitarie.

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