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Economia

Sciopero lavoratori Tim, oggi a Roma anche una delegazione trentina

I sindacati dicono no al progetto di dividere il gruppo in due società: temono l'impatto sull'occupazione e la scissione in due del Paese

“Mancano certezze sul futuro occupazionale di 40mila addetti diretti e altrettanti dell’indotto e non ci sono garanzie sufficienti di valorizzazione della rete”. Questa la motivazione che ha portato i sindacati delle telecomunicazioni - Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom - a indire oggi, martedì 21 giugno, uno sciopero nazionale delle lavoratrici e dei lavoratori Tim. Alla manifestazione romana ha preso parte anche una delegazione di dipendenti del Trentino Alto Adige.

I sindacati contestano il progetto dell’amministratore delegato Pietro Labriola di separare Tim in due società: una della rete, l’altra dei servizi. “La logica - affermano i sindacalisti trentini Norma Marighetti, Bianca Maria Catapano e Maria Elena Gotti - sembra solo quella di provare a restituire a danno dei contribuenti italiani l’investimento azionario fatto dai francesi di Vivendi, che oggi vedono fortemente ridotto il loro valore borsistico. Rischiamo di assistere a un altro caso di svendita di un'importantissima azienda italiana, un film già visto per troppe realtà produttive industriali del nostro Paese”.

A essere criticato non è solo l’impatto sui posti di lavoro, ma soprattutto “un’operazione che - affermano - rischia solo di impoverire il Paese”. Il progetto prevede la creazione di un’azienda a controllo pubblico, che avrà come proprietari Cassa depositi e prestiti e due fondi privati. “Non si capisce però - proseguono i tre sindacalisti - come si possa parlare di controllo pubblico se Cassa depositi e prestiti avrà il 40 per cento della nuova società, mentre i privati si spartiranno equamente il restante 60 per cento”.

Il tutto in un contesto, quello dell’Italia post pandemia, che ha mostrato tutte le fragilità del Paese legate a digitalizzazione e digital device: “Difficile pensare che una società governata da privati abbia interesse a investire sulla digitalizzazione delle aree più periferiche del territorio nazionale”, concludono. I sindacati chiedono si torni al progetto del 2020 in cui Cassa depositi e prestiti avrebbe avuto il controllo della maggioranza: “Solo così si possono dare garanzie ai cittadini”.

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