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Gioco d'anticipo

Un centro per maschi violenti, già 200 hanno frequentato: "Gli uomini possono cambiare"

"È quasi sempre una questione culturale ed è su questo aspetto che si innestano i comportamenti di predominio" ha detto a TrentoToday Sandra Dorigotti, presidente di Alfid

"Noi non usiamo mai il termine "uomini violenti". Parliamo invece di uomini che hanno avuto agiti o comportamenti violenti perché si parte dalla convinzione che, con le dovute eccezioni, gli uomini possono cambiare perché il loro agire violento può essere legato alla relazione affettiva o altri aspetti, rispetto ai quali possono essere innestati processi di cambiamento. Questo non sempre in modo radicale ma l’esperienza ci dice che i gruppi riescono a indurre delle trasformazioni, pensieri diversi, per una consapevolezza di ciò da cui scaturisce quella violenza. Imparano così a non ripeterla".

Exploit di richieste

A parlare direttamente con TrentoToday è Sandra Dorigotti, presidente di Alfid (Associazione laica famiglie in difficoltà) del Trentino, a cui il Comune di Trento, in collaborazione con la circoscrizione centro storico Piedicastello, ha affidato i locali nei quali tornerà il “Centro uomini autori di violenza” (Cuav), cioè quella struttura dove si aiutano gli uomini autori di violenza di genere a lavorare su se stessi per cambiare il proprio comportamento e prevenire la violenza dell’uomo sulla donna. Così torna il Cav a Trento dopo che era stato spostato a Rovereto. Quest’ultimo non sarà chiuso e dunque, con quello del capoluogo di provincia, l’aiuto agli uomini violenti raddoppia. "A Rovereto si vedrà se mantenere la sede organizzativa e un gruppo o se fare i gruppi solo a Trento però è una decisione che si prenderà più avanti” ha proseguito Dorigotti.

"Quasi sempre è un problema culturale"

Di sicuro ci sarà molto lavoro da fare perché, a oggi, sono attivi due gruppi ma, nell’ultimo periodo, a seguito di una serie di attivazioni del Codice rosso, è arrivata una dozzina di uomini in poche settimane e non è escluso che non si possa formare anche un terzo gruppo. Dunque sarebbero quasi quaranta uomini in tutto il Trentino, riuniti in tre gruppi, che si ritrovano una volta a settimana per circa un paio d’ore.

Violenza sulle donne, così l'Italia tradisce la convenzione di Istanbul

L’obiettivo è sradicare la cultura patriarcale alla base della violenza. "È quasi sempre una questione culturale - prosegue Dorigotti - e non basta: il problema attiene alla protezione e il sostegno delle donne, che vengono colpite ma si deve agire anche sugli uomini, sui modelli maschili, di virilità potente, della paternità o del rapporto di coppia in cui l’uomo è prevaricatore e dominatore. Su questo aspetto culturale si innestano i comportamenti di predominio. Spesso sono anche legati a una condizione sociale in cui le donne decidono di più della propria vita e ci sono uomini che si sentono minacciati dalla donna. È un segno della loro fragilità” ha concluso la numero uno di Alfid.

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Come ribadito anche dall’assessora alle politiche sociali e familiari Chiara Maule: "Nel comune di Trento abbiamo lavorato da anni in un’ottica di prevenzione, ma questo intervento assume oggi una forma strutturale, che è per noi molto importante alla luce anche dei recenti fatti di cronaca. La nostra responsabilità non è rivolta solo alle donne, ma è indirizzata anche agli uomini che necessitano di acquisire maggiore consapevolezza personale rispetto alla situazione di violenza che la famiglia si trova ad affrontare".

A Trento dunque, dove c’è un numero di ammonimenti del Questore tra i più alti d’Italia, aprono due locali al piano terra dell’edificio di via Verruca 1, che per nove anni saranno assegnati all’Alfid a fronte della corresponsione simbolica di cento euro annui e del rimborso spese per l’utilizzo delle utenze (acqua, luce e gas). Lì si potranno ritrovare quegli uomini residenti in provincia di Trento accusati o condannati per reati di violenza domestica e di genere, così da aumentare la protezione nei confronti delle donne che subiscono violenza nelle relazioni affettive e a ridurre il rischio di recidiva. Si gioca di anticipo, evitando il degenerare di situazioni già potenzialmente pericolose per la donna vittima di abusi.

Il percorso

Si entra su base volontaria, su indicazione dell’avvocato, del giudice o del Questore. Il percorso, realizzato con il finanziamento del Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri e della Provincia di Trento, è strutturato in due fasi:

  • La prima serve per valutare l’idoneità della persona rispetto all’intervento rieducativo e si compone di due colloqui individuali, quattro incontri di gruppo e un ultimo colloquio individuale di restituzione.
  • La seconda, cui si accede se considerati pronti al termine della precedente, permette l’attuazione dell’intervento rieducativo che consiste in 24 incontri di gruppo e un colloquio individuale di restituzione.

Gli appuntamenti collettivi, che hanno una cadenza settimanale (dalle 18:00 alle 20:00), sono guidati da due esperti che affrontano temi diversi quali la natura della violenza e il suo manifestarsi, la responsabilità di chi agisce, il riconoscimento delle emozioni, le tecniche di controllo della rabbia e le strategie per prevenire condotte aggressive. Ci sono poi anche dei controlli: una volta fuori dal percorso riabilitativo, che si chiama "CambiaMenti", si va a verificare, anche con la donna, la situazione ed eventuali condizioni di recidiva.

In totale, dall’inizio di questa esperienza decennale, si contano 200 uomini aiutati dal Cav trentino e, Durigotti non ha dubbi, "non ci sono numeri perché è un servizio ancora in fase sperimentale in Italia ma, in questi anni, abbiamo visto pochissimi episodi recidivanti. Posso dire che si contano sulle dita di una mano".

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