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No tav: "Rfi mente, Provincia e Comune non tutelano cittadini e ambiente"

Dalla paleo-frana della Marzola al nodo delle aree inquinate di Trento nord: le questioni che preoccupano i contrari alla circonvallazione ferroviaria

“Una visita finalizzata a tranquillizzare e imbonire, per coprire le omissioni e le bugie di Rete ferroviaria italiana (Rfi) e degli enti locali interessati alla realizzazione della circonvallazione ferroviaria di Trento”. Sono parole durissime quelle utilizzate dal comitato No Tav dopo l’incontro tenutosi a Trento lunedì 5 settembre tra il presidente della Provincia Maurizio Fugatti, il sindaco di Trento Franco Ianeselli, la commissaria del governo per il potenziamento della linea ferroviaria Fortezza-Verona Paola Firmi e il responsabile della direzione investimenti area nord-est di Rfi Giuseppe Romeo.

Nella conferenza di lunedì è stato annunciato il passaggio dalla fase autorizzativa alla fase realizzativa con l'avvio dei cantieri a marzo 2023. Ma sono ancora diverse le questioni che preoccupano i no tav.

Primo: i costi (lievitati) e i tempi dell’opera

Primo: il costo dell’opera. A causa dell’aumento vertiginoso delle materie prime l’opera passerà dai 930 milioni di euro inizialmente previsti a 1,26 miliardi di euro (più del totale dei soldi che arriveranno in trentino dal Pnrr e di cui la circonvallazione ferroviaria già assorbiva la fetta più grande).

Da tempo Fugatti assicura che l’aumento verrà coperto dal Governo. La speranza sta nel cosiddetto decreto Aiuti bis (50/2022) con cui il governo ha stanziato 7,5 miliardi di euro per contrastare gli effetti economici della crisi internazionale e risolvere il problema delle opere del Pnrr (che non riguarda solo la circonvallazione ferroviaria di Trento ma moltissime altre infrastrutture in tutta Italia). “L’attuale governo è in carica solo per l’ordinaria amministrazione, il prossimo non sappiamo cosa deciderà, mentre l’Europa non ha in programma alcun aggiornamento dei costi del Pnrr”, ribattono i no tav.

Per Elio Bonfanti, no tav nonché ex consigliere di Trento, la soluzione sarà una sola: “I 340 milioni di euro mancanti verranno recuperati cancellando un’altra opera dal Pnrr”. Ma la paura più grande è un’altra: “Di questo passo e con le elezioni di mezzo si arriverà all’appalto senza la totale copertura economica, con il rischio che l’opera non venga finita in tempo”. Il Pnrr prevede infatti che tutte le opere finanziate siano completate entro il 2026.

Secondo: la paleo-frana della Marzola

In conferenza stampa è stato dichiarato che “sono terminati gli approfondimenti richiesti dal comitato speciale del Consiglio superiore dei lavori pubblici che hanno confermato la solidità del progetto”. “È impossibile”, è il commento lapidario dei No Tav.

La determinazione del Consiglio superiore con cui viene licenziato il progetto prescrivendo a Rfi di rifare la campagna di monitoraggio per verificare la situazione della paleo-frana della Marzola (sotto la montagna passeranno quasi 12 chilometri di tracciato) e valutare l’impatto dello scavo delle gallerie è del 5 agosto, mentre a Rfi il documento è giunto il 9 agosto. “La commissaria ci vuole far creder che in meno di un mese, in pieno agosto, Rfi avrebbe realizzato il nuovo monitoraggio - afferma l’avvocato dei no tav Marco Cianci -. Anche fosse vero, in un mese è impossibile monitorare un movimento di circa un centimetro all’anno: servono mesi. Così si mettono a rischio migliaia di persone che vivono sulla collina est di Trento”.

Dal canto loro Rfi e Italferr sostengono che la situazione sia sotto controllo sia per quanto riguarda la paleo-frana, sia per quanto riguarda le sorgenti.

Terzo: il nodo delle aree inquinate

Ormai è chiaro: la bonifica integrale delle aree inquinate di Trento nord ex Sloi ed ex Carbochimica - che rientrano tra i 42 siti di interesse nazionale (aree classificate come pericolose dallo Stato Italiano e che necessitano di bonifica) - non ci sarà.

“Altro che cantiere pilota per verificare l’inquinamento delle aree come millantato dal sindaco Ianeselli: qui c’è solo una buchetta pilota di due metri per tre inefficace per le rilevazioni che dovrebbero spingersi almeno a 10-15 metri - accusano i No Tav -. D’altronde Rfi ha sempre negato che quella zona sia inquinata, ma così l’inquinamento che ora è solo nelle falde superficiali finirà nella falda profonda”.

“Fino ad oggi - conclude Cianci - Rfi ha potuto mentire perché non ha trovato nessun argine nelle istituzioni locali rispetto alla tutela tanto degli abitanti quanto dell’ambiente. Al di là delle messe in scene elettorali, le politiche ambientali e infrastrutturali di centrodestra e centrosinistra sono sostanzialmente identiche, ovvero in assoluto spregio delle esigenze del nostro territorio”.

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