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Medaglia d'onore all'alense Giovanni Laghi, internato perché si rifiutò di collaborare con i nazifascisti

La cerimonia organizzata nel Giorno della Memoria e dedicata al ricordo di alcune persone deportate nei campi di concentramento in Germania durante la Seconda guerra mondiale

Rifiutò di aderire alla Repubblica Sociale e di collaborare con i nazifascisti: per questo venne internato e rischiò la morte. Giovanni Laghi, nativo di Ala e scomparso nel 1974, ha ricevuto il 27 gennaio 2022, giornata della Memoria, la Medaglia d'Onore in quanto cittadino italiano e deportato nei lager. La cerimonia è avvenuta nella Prefettura di Reggio Emilia, città dove risiede la figlia di Giovanni Laghi, Lucia.

La cerimonia organizzata a Reggio Emilia è stata dedicata al ricordo di alcuni dei reggiani deportati nei campi di concentramento in Germania durante la Seconda guerra mondiale, con la consegna delle “Medaglie d'onore” ai soldati internati nei lager e destinati al lavoro coatto. Tra i ricordati, anche un alense: Giovanni Laghi. Erano presenti alla cerimonia - solo virtualmente per via delle norme anti-Covid - anche l'assessora Francesca Aprone e il vicesindaco Luigino Lorenzini, che hanno portato i saluti del sindaco Soini ed espresso la vicinanza del Comune di Ala alla famiglia di Giovanni Laghi. “Sentiamo forte - dichiarano Aprone e Lorenzini - la responsabilità e l'orgoglio di essere stati presenti in questo momento così solenne, che sancisce il riconoscimento ad un nostro concittadino che con coraggio e a costo della sua vita si è opposto alla ferocia nazifascista. Un grazie di cuore per l'insegnamento che lascia anche ai nostri giovani, che non devono dimenticare”.

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Chi era Giovanni Laghi

Giovanni Laghi nacque nel 1907 ad Ala, ultimo di cinque figli, in una famiglia contadina. Rimase orfano dei genitori a 13 anni (il padre morto in guerra, la madre poco dopo a causa dell'influenza spagnola) e venne cresciuto dalla sorella Alma. Ben presto toccò anche a lui andare in guerra, nel 1936 in Etiopia, dove contrasse la malaria nel 1938; a febbraio 1939 tornò in patria. In quell'anno sposò Rosa Maria Brusco, con la quale si trasferì a Bressanone. Qui nacquero le prime due figlie (Liliana, nel 1940, e Vallì nel 1941). Nel 1940 Giovanni fu nuovamente richiamato alle armi, ma congedato poco dopo, poiché soffriva ancora di febbre malarica.

Nel 1943 si trasferì con la famiglia a Malles Venosta (la moglie incinta del terzogenito Luciano), dove era stato collocato nel settore di copertura della Guardia alla Frontiera. Fu qui, il 9 settembre 1943, che venne fatto prigioniero dai tedeschi e subito trasferito nel campo di smistamento di Bolzano. Rifiutò l'adesione alla RSI: questo gli costò l'internamento in un campo di concentramento vicino a Stettino (attualmente in Polonia). Ai lavori forzati arrivò a poco dalla morte, fino alla liberazione da parte degli Alleati nel 1945. Riuscì così tornare dalla famiglia e conoscere il suo terzo figlio Luciano, ma la moglie e i figli inizialmente non lo riconobbero, perché estremamente debilitato. La famiglia fece poi ritorno a Bressanone e qui Giovanni continuò a lavorare come civile per l'esercito nella caserma di Varna; ebbe altri 4 figli (Alida, Loredana, Lucia e Laura). Morì nel 1974 per malattia.

“Mio nonno - scrive Lucia - è ricordato da tutti come un uomo buono e generoso. Non ha mai voluto parlare delle sue esperienze in guerra, l'unico ricordo che ha condiviso è la sofferenza patita a causa del freddo e della fame”.

Laghi per il periodo trascorso in prigionia è stato insignito negli anni della Croce al merito di guerra, della Medaglia commemorativa per il periodo bellico 40/43 e di quella per la guerra di Liberazione del Comando Truppe Alpine, del Distintivo d'onore dei volontari della Libertà delle Truppe Alpine e del Diploma d'onore di combattente per la libertà d'Italia 43-45 del Ministero della Difesa. E, da oggi, della Medaglia d'onore. "È grazie a persone come Giovanni Laghi - al suo rifiuto di collaborare con gli invasori - che la nostra attuale democrazia è nata e ha messo radici" concludono gli amministratori alensi.

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