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Domenica, 28 Aprile 2024
Il caso / Sagron Mis

Spostò il corpo del suo operaio dopo l'incidente mortale, imprenditore condannato

La tragedia di Vitali Mardari era avvenuta nel 2018 nei boschi tra Veneto e Trentino dopo il disastro di Vaia

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna del 46enne Riccardo Soraù a 4 anni e 5 mesi di reclusione, giudicando inammissibile il ricorso presentato dai legali dell’uomo. Soraù era stato condannato per aver causato, nel 2018, la morte dell’operaio 28enne di origine moldava Vitali Mardari, avvenuta nei boschi tra il Veneto e il Trentino, più precisamente a Sagron Mis.

I fatti

L’incidente è avvenuto nel novembre di cinque anni fa. Mardari lavorava, come emerso nel corso della vicenda, senza un regolare, per Soraù. Assieme ad altri due colleghi, anch’essi in nero, i quattro di misero al lavoro per tirare un lungo cavo d’acciaio che avrebbe dovuto fungere da teleferica per il trasporto del legname.

“All’improvviso, a causa di un errato calcolo delle forze necessarie per l’attività e a causa dell’utilizzo di un mezzo non idoneo (un escavatore) per tendere la corda metallica – spiegano i tecnici di Giesse Risarcimento Danni – la stessa si spezzò, colpendo violentemente Mardari che finì catapultato a una ventina di metri di distanza”.

Secondo quanto emerso in tribunale, Soraù non allertò il 118, ma facendosi aiutare dagli altri due uomini spostò il corpo di Mardari fuori dal cantiere, trasportandolo vicino al ciglio della strada sottostante. Solo più tardi l’imprenditore avvisò i soccorsi, ma per Vitali era già troppo tardi. Le indagini dei carabinieri e del pm Giovanni Benelli hanno poi fatto luce sulla vicenda.

Le sentenze

Il tribunale di Trento, nel primo grado di giudizio, aveva anche condannato l’imprenditore ad una provvisionale, immediatamente esecutiva, di 110mila euro in favore dei parenti della vittima. Anche nel secondo grado di giudizio la Corte d’Appello di Venezia aveva confermato in toto la medesima condanna, e come nel primo grado senza concedere neppure una sola attenuante generica. Infine, la conferma della condanna in Cassazione.

Così Ludmila, la sorella di Vitali: “Giustizia è stata fatta. Nessuno ci riporterà mai Vitali, che manca nelle nostre vite ogni singolo minuto di qualsiasi giornata, ma sapere che chi lo ha trattato in quel modo ora pagherà con il carcere, ci restituisce, quanto meno, il senso di una giustizia finalmente compiuta”.

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