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L'episodio

Si laurea in ritardo e porta in tribunale la collega

Lo scontro è andato avanti per anni fino alla Corte di Cassazione

L’accusa di plagio, la festa rinviata, quindi lo scontro in tribunale. È la vicenda che ha visto protagonisti due ex studenti, ormai laureati, dell’Università di Trento, che da oltre un decennio si scontrano in tribunale in seguito a un’accusa di plagio. 

Tutto ha avuto inizio ben undici anni fa, quando una studentessa in procinto di laurearsi all’ateneo trentino ha accusato un altro laureando di aver copiato parte della sua tesi. Accusa che ha portato l’Università a posticipare la proclamazione del ragazzo alla sessione successiva, per accertare nel mentre le effettive somiglianze sospette fra i due elaborati. La commissione però non ha trovato nessuna traccia di plagio, e quindi, con tre mesi di ritardo, lo studente ha ottenuto finalmente il suo titolo.

La storia però è appena iniziata. L’accusato, oggi insegnante, che prima dello “spostamento” aveva già organizzato la sua festa di laurea, ha deciso di portare l’altra studentessa (anche lei diventata professionista) in tribunale, le ha fatto causa per lesione della reputazione personale e ha ottenuto in primo e secondo grado il risarcimento dei danni morali ed economici. La donna però a sua volta non si è arresa ed è andata avanti fino al terzo grado, la Corte di Cassazione, che negli scorsi giorni ha emesso una sentenza in contrasto con quelle precedenti accogliendo il suo ricorso. Il reato diventerebbe tale, secondo la corte, solo qualora il gesto avesse una chiara volontà dolosa: in altre parole, la donna sarebbe obbligata al risarcimento se in qualche modo venisse accertata la sua consapevolezza che l’accusa di plagio mossa fosse falsa e quindi intenzionata a “danneggiare” l’accusato. Un aspetto che manca. Per quanto riguarda invece i danni economici lamentati dall’uomo per il rinvio della sua festa, la corte ha evidenziato come la decisione di posticipare la sua proclamazione sia stata presa in autonomia dall’Ateneo e che quindi, in caso, non sia l’ex studentessa a doverne rispondere.  

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