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Mappa del rischio di Fondazione Gimbe: "Il Trentino è nell'area calda, alta percentuale di contagi"

Il modello ha l'obiettivo di monitorare regioni e province per la programmazione della fase 2

La Provincia autonoma di Trento è nella zona calda della mappa del rischio coronavirus. A dirlo è lo studio della Fondazione Gimbe, associazione che dal 2010 si batte per aumentare la qualità dell'assistenza sanitaria con attività indipendenti di ricerca, formazione e informazione scientifica e che ha elaborato un modello univoco per mappare e monitorare l'evoluzione del contagio a livello regionale e provinciale.

Il Trentino è nell'area rossa della mappa, quella dove figurano le regioni con la maggiore densità di contagi e il più alto incremento percentuale di casi totali. 

Una mappa per monitorare il rischio regione per regione

Obiettivo della mappa della Fondazione è quello di suddividere il Paese in aree geografiche a differente livello di rischio in vista della fase 2. E la fotografia scattata domenica 19 aprile invita a mantenere alta l'allerta in tutt'Italia, auspicando un consistente rallentamento del contagio nelle prossime due settimane. "La fase 2 - commenta Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe - deve essere guidata da criteri scientifici oggettivi condivisi tra governo, regioni ed enti locali, tenendo in considerazione i rischi legati a cinque variabili: attività produttive, libertà individuali, mezzi di trasporto, rischio di specifici sottogruppi di popolazione in relazione all’età e patologie concomitanti ed evoluzione del contagio nelle diverse aree geografiche". 

"La Fondazione Gimbe - dichiara Cartabellotta - pubblica oggi un modello dinamico per mappare e monitorare l'evoluzione del contagio a livello regionale e provinciale, al fine di fornire uno strumento univoco per informare le decisioni di governo e regioni troppo spesso concentrate sulle variazioni giornaliere che alimentano facili ottimismi sui tempi di riapertura e sottostimano i rischi in aree con pochi casi ma ad elevata prevalenza".

Considerato che per rallentare la diffusione del virus occorre ridurre in maniera costante la crescita percentuale dei casi, in particolare se la prevalenza aumenta, il modello Gimbe si basa su due variabili:

  • Prevalenza (casi totali per 100.000 abitanti): misura la “densità” dei casi confermati nella popolazione e rappresenta anche una stima indiretta dei contagi non noti.
  • Incremento percentuale dei casi totali: misura la “velocità” con cui si diffonde il virus. Tale valore viene calcolato su un arco temporale settimanale, viste le notevoli fluttuazioni dei dati giornalieri.

Utilizzando come "spartiacque" i valori medi nazionali di prevalenza e incremento percentuale le regioni si posizionano in un grafico suddiviso in quattro quadranti (Figura 1). Nel quadrante più "sicuro" ci sono di fatto tutte le regioni del Sud - Sicilia, Campania, Molise e Basilicata - con eccezione della Puglia che sta nel quadrante che comprende l'incremento percentuale superiore, ma anche Sardegna e Umbria.

  • Verde: rappresenta l’area “fredda” con bassa prevalenza e basso incremento percentuale.
  • Arancione: è l’area in corso di “riscaldamento”, con una prevalenza ancora bassa, ma un incremento percentuale elevato.
  • Rosso: rappresenta l’area “calda” caratterizzata da alta prevalenza che viene alimentata dall’elevato incremento percentuale dei casi.
  • Giallo: rappresenta l’area in corso di “raffreddamento”, caratterizzata da un’alta prevalenza alimentata nelle settimane precedenti e da un incremento percentuale in corso di riduzione.

Figura 1. COVID-19: posizionamento delle Regioni in relazione a prevalenza e ad incremento percentuale dei casi (settimana 12-19 aprile).

coronavirus mappa regioni province gimbe-2

 "Questo modello - continua Cartabellotta - non ha l'obiettivo di stilare una classifica tra regioni, ma solo di posizionarle e monitorarle nel tempo rispetto alla media nazionale di due variabili che condizionano l'evoluzione dell’epidemia". La distribuzione delle regioni secondo il modello Gimbe dimostra che ad oggi la suddivisione del Paese in tre macro-aree (Nord, Centro, Sud) non riflette il rischio di evoluzione del contagio.

  • Regioni del Nord: si posizionano quasi tutte nei due quadranti di destra (rosso, giallo) per l’elevata prevalenza, ma presentano diversi valori di incremento percentuale: dal 12,2% di Lombardia ed Emilia-Romagna al 26,4% del Piemonte. Il Friuli-Venezia Giulia si colloca invece nell’area verde.
  • Regioni del Centro: si collocano quasi tutte nei due quadranti di sinistra (arancione, verde) con incrementi percentuali che vanno dal 2,2% dell’Umbria al 18,8% del Lazio. Le Marche si collocano invece nell’area gialla.
  • Regioni del Sud, isole incluse: si trovano tutte nel quadrante verde, ad eccezione della Puglia che si posiziona nel quadrante arancione con un incremento percentuale del 18,1%.

"In generale – continua Nino Cartabellotta – la fotografia scattata a due settimane dalla possibile riapertura non è affatto rassicurante perché gli incrementi percentuali negli ultimi sette giorni sono ancora molto elevati anche nelle Regioni che si trovano nel quadrante verde, fatta eccezione per l'Umbria. Al di là delle indiscrezioni trapelate negli ultimi giorni – conclude il presidente della Fondazione Gimbe – i criteri con cui il governo ridisegnerà la mappa dell'Italia per l'avvio e il monitoraggio della fase 2 non sono ancora noti. Il modello proposto dalla Fondazione Gimbe permette di applicare la stessa unità di misura a livello nazionale, regionale e provinciale, sia al fine di consentire una "personalizzazione" degli interventi di allentamento o restrizione, sia di evitare valutazioni locali finalizzate a improprie fughe in avanti che rischiano di danneggiare la salute pubblica".

Coronavirus, Cartabellotta: "Sul controllo del contagio siamo ancora indietro"

L'analisi pubblicata oggi dalla Fondazione Gimbe, dunque, smentisce il frazionamento dell'Italia in Nord, Centro e sud. E questo perché, spiega ancora Cartabellotta ospite di 24 Mattino su Radio 24, "le variabili da tenere in considerazione sono la prevalenza, cioè il numero di casi per quell'area geografica, e la velocità di crescita, cioè l'incremento percentuale non giornaliero ma settimanale. La mappa che viene restituita ci fa vedere che la maggior parte delle regioni ha ancora una crescita settimanale dei casi del 5-6%, è una percentuale ancora troppo elevata. La necessità di attendere due settimane è legata al fatto che regioni come Sicilia, Campania e Calabria, in cui la cosiddetta prevalenza è relativamente bassa, cioè 100-200 casi per 100mila abitanti, hanno ancora percentuali di crescita che stanno attorno al 10-15%. Se questo 15% si mantiene e non rallenta, nelle prossime due settimane avremo 250-300 casi per 100mila abitanti".

E per fare un altro esempio Cartabellotta cita il caso della Lombardia: "La situazione lombarda non è così allegra. Ci sono province che non teniamo in considerazione perché hanno un numero di casi molto basso come Sondrio, Varese, Como e Mantova, ma hanno percentuali di incremento molto elevate e queste ovviamente rischiano, nelle settimane successive, di aumentare il numero dei casi assoluti, ospedalizzati, e terapie intensive". Insomma, per il presidente della fondazione Gimbe, "bisogna guardare all'evoluzione dell'epidemia in termini di quantità di casi e velocità di aumento, perché possono esserci dei nuovi focolai che fanno schizzare in alto una regione o provincia. La raccomandazione fondamentale è a non guardare più il numero assoluto dei casi perché questo potrebbe essere basso, ma se il territorio è molto piccolo è evidente che la prevalenza è molto elevata". 

Per il presidente della Fondazione Gimbe, quindi, "queste due settimane prima del 4 maggio bisognerebbe utilizzarle al meglio per scrivere il piano del come, altrimenti inseguiamo ipotesi di riapertura non confermate dai numeri. Il lockdown, complessivamente, con i due decreti ha dato buon risultato sugli ospedali, ma sul controllo del contagio siamo ancora indietro e non si riesce a scendere da quel plateau su cui siamo inchiodati da circa due settimane".

Note metodologiche Figura 1.
• La prevalenza è stata calcolata utilizzando il numero dei casi totali comunicati dalla Protezione Civile e la popolazione residente al 1 gennaio 2019 secondo i dati Istat.
• La linea orizzontale indica la media nazionale dell’incremento percentuale dei casi nella settimana 12-19 aprile. La linea verticale indica il dato di prevalenza nazionale.
• Il modello assume che il numero di tamponi effettuati per 100.000 abitanti sia identico in tutte le Regioni (nessun aggiustamento statistico effettuato per questa variabile).

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