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Guai giudiziari per il presidente del Trento, Piervittorio Belfanti

L'accusa è di frode fiscale. Secondo la Procura di Mantova, che ha chiesto il rinvio a giudizio, il presidente gialloblù avrebbe venduto le partecipazioni di sei società per sottrarsi al pagamento delle imposte

Il Trento si sta giocando la promozione in serie D ma i guai giudiziari del proprietario gialloblù, Piervittorio Belfanti, continuano. Ora l’accusa per l’imprenditore mantovano è di frode fiscale. In sostanza - secondo la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal sostituto procuratore di Mantova Maria Rosaria Micucci - Belfanti avrebbe "... al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi e sull’Iva, di interessi, sanzioni amministrative relative alla imposte per un ammontare di 3.797.994 euro, alienato e allo stesso tempo compiuto atti fraudolenti, sui propri e altrui beni, idonei a rendere in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva".

Secondo il pubblico ministero, l’imprenditore avrebbe ceduto le quote di partecipazione di sei società - tutte nel campo della gelateria e della ristorazione - alla convivente, al fratello e ad alcuni conoscenti. L’obiettivo? Sempre secondo il pm, evitare di dover pagare la maxi sanzione e i relativi spese e interessi in presenza di una ingiunzione da parte dell’Agenzia delle Entrate. Belfanti avrebbe ceduto alla convivente la sua partecipazione nell’immobiliare Morelli sas, per una quota di 235mila euro (che è poi il 98%); stessa cosa - secondo la Procura - per quote comunque molto meno sostanziose, avrebbe fatto con il fratello Pierfrancesco per la Re Gelato, la Enoteca Sant’Andrea, la Piazza Erbe snc e le Fattorie snc; e con due conoscenti per la Cantina sas.
 
La cessione delle quote di partecipazione, di cui solo in alcuni casi avrebbe trattenuto l’1%, sarebbe avvenuta nello stesso giorno, il 6 ottobre del 2006. Segno, secondo l’accusa, che l’imprenditore aveva un piano: quello di risultare inattaccabile a qualsiasi richiesta di denaro da parte della Direzione regionale delle Entrate. Il giudice ha fissato l’udienza per il 21 settembre per “sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte” che prevede pene tra i sei mesi e i quattro anni di reclusione.
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