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Scuola, Miozzo ha un piano per riaprire le scuole al più presto

L'ex coordinatore del Cts si occuperà esclusivamente dell'emergenza scuola, con un ruolo di primo piano nella squadra del Ministro Bianchi: "Avremo studenti delle superiori che andranno alla maturità rischiando di aver fatto 4 o 5 mesi di scuola in presenza negli ultimi due anni". Priorità e interventi necessari per una pronta riapertura

Dopo oltre un anno passato a coordinare il Cts (Comitato tecnico scientifico), Agostino Miozzo passa all'emergenza scuola, con un ruolo di primo piano nella squadra del Ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi. Miozzo, ha coordinato il Cts sin dal 5 febbraio dell’anno scorso, il giorno in cui è stato istituito. Ora cambia incarico, e anche il Cts potrebbe vedere ridimensionati i suoi compiti, non si hanno ancora notizie su chi prenderà il suo posto.

Miozzo lascia il Comitato tecnico scientifico

"Perché il Cts ha esaurito il suo motivo di essere. Ha lavorato bene, con coraggio, per tredici mesi. Possiamo anche dire che tra vuoti istituzionali e risposte da sperimentare ha contribuito a salvare questo Paese, ma adesso non serve più" afferma Miozzo in un'intervista al quotidiano 'La Repubblica', sottolineando che "in tredici mesi le cose sono cambiate, e in particolare nell'ultimo mese e mezzo è cambiata l'amministrazione pubblica. Adesso c'è una struttura che può affrontare la battaglia contro il Covid, prima il Cts ha dovuto supplire a mancanze palesi. Le Regioni andavano per conto loro, i ministeri faticavano. Ora c'è un coordinamento generale e un blocco istituzionale più saldo". 

Per la campagna vaccinale, "il commissario Figliuolo ha un mandato pieno dal governo, è tornata con forza in campo, come chiedevo da settimane, la Protezione civile, le cabine di regia funzionano, le Regioni non sono più meteoriti che sfiorano la terra e a volte ci si abbattono - continua Miozzo che ora lavorerà con il ministro dell'Istruzione Patrizio Bianchi - Credo che in uno, due mesi al massimo possa sciogliersi. Meritando l'applauso della nazione. Le strutture scientifiche, in questo Paese, per fortuna esistono già. Si chiamano Istituto superiore di sanità, Consiglio superiore di sanità, ospedale Spallanzani e Bambino Gesù. Con tutte quelle professionalità al loro interno che hanno nutrito il Cts. I Brusaferro e i Locatelli servono ancora, eccome. E ho già fatto sapere a tutti che non si libereranno di me". "Il ministero non ha dati, e questa è una sua antica lacuna. Non sa quanti docenti sta vaccinando, - aggiunge ancora Miozzo - non conosce i contagi interni agli istituti scolastici. All'ultimo questionario inviato, ha risposto il dieci per cento dei dirigenti scolastici. Domande impossibili, da trattato epidemiologico".

Riaprire le scuole, il piano di Miozzo

Servono, dice Miozzo in un'intervista al Corriere della Sera, "interventi mirati per riaprire le scuole al più presto con scelte che siano uguali in tutta Italia. Oltre a vaccinare il personale bisogna organizzare un sistema di monitoraggio sanitario efficace ed efficiente e soprattutto di pronto intervento. E poi far sì che le decisioni sulle aperture e sulle chiusure siano sempre di più concertate e omogenee sul territorio nazionale. - continua Miozzo - Ci deve essere un lavoro di collaborazione tra tutte le componenti del sistema: il generale Figliuolo con tutto l'apparato militare che garantirà, nei tempi compatibili dalla disponibilità dei vaccini, la copertura per tutto il personale della scuola, la Protezione civile che dovrà garantire il supporto di ogni esigenza emergenziale che potrà emergere sul territorio, il ministero della Salute con le sue strutture regionali, e ovviamente le Regioni che dovranno garantire la riapertura in sicurezza per tutti. In buona sostanza tentare di far suonare a tutte queste componenti del sistema uno spartito armonico, coordinato". 

"Abbiamo patito il risultato di tutte le lacune di cui il mondo della scuola ha sofferto nei decenni passati, arrivando ad affrontare la più grande emergenza della nostra storia con una struttura poco efficiente, che si è salvata, e si salva ancora oggi, - prosegue Miozzo - solo grazie al sacrificio ed allo spirito di servizio di centinaia di migliaia di professori, insegnanti, personale di supporto che in questi mesi hanno fatto miracoli pur operando con strumenti didattici spesso da dimenticare". "Avremo studenti delle superiori che andranno alla maturità rischiando di aver fatto 4 o 5 mesi di scuola in presenza negli ultimi due anni, così come gli universitari. Una condizione devastante per la salute mentale e la preparazione dei nostri ragazzi che una volta superata la pandemia si confronteranno con il mercato del lavoro con il peso enorme di un periodo di costruzione della loro formazione culturale mutilato in modo decisamente critico. Farò l'impossibile per recuperare ciò che abbiamo perduto", conclude Miozzo.

Non parla di date Miozzo, ma appare evidente che in molti si augurano che dal 7 aprile in avanti si cambi, e si torni almeno in parte alla didattica in presenza.

In Dad 6,9 milioni di studenti 

Da lunedì 15 marzo sono 6,9 milioni gli studenti che saranno costretti a seguire le lezioni in DAD: otto su dieci (81%) degli 8,5 milioni di alunni iscritti nelle scuole statali e paritarie. L'obiettivo è chiaramente ripartire in presenza il 7 aprile, ma non ci sono sicurezze. Sulla chiusura di tutte le scuole nelle zone rosse in molti chiedono che ci sia però già prima di allora una ulteriore riflessione da parte del governo. "Asili nido e scuole materne offrono servizi indispensabili per l'infanzia che non sono in alcun modo sostituibili dalla didattica a distanza. Questi istituti hanno un approccio e delle tempistiche differenti rispetto alle scuole di altri gradi e quindi anche le chiusure andrebbero ripensate", ragiona Licia Ronzulli, presidente della commissione parlamentare per l'Infazia e l'Adolescenza. Le regioni più interessate dalla nuova chiusura "totale" e con quantità notevoli di ragazzi a casa sono la Lombardia con 1.401.813 alunni in Dad, la Campania con 944.993, il Lazio con 821.329, il Veneto con 680.096, l'Emilia Romagna con 620.423, la Puglia con 585.344, il Piemonte con 573.231.

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