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Sanità

"Sanità trentina a rischio privatizzazione"

La Giunta approva il nuovo modello organizzativo dell’Apss. Sindacati critici: "Non si affronta la carenza di medici"

È stato approvato il nuovo modello organizzativo dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari (Apss) che entrerà a regime dal primo gennaio 2023. L’obiettivo, anche alla luce di quanto appreso con la pandemia da covid, è valorizzare la prossimità al cittadino dei servizi territoriali e ospedalieri. Ma per i sindacati Cgil, Cisl e Uil il nuovo regolamento rischia di essere un’illusione: “Non incide come dovrebbe sulla carenza di medici, soprattutto di base - affermano -, mentre distretti sanitari e micro-aggregazioni rischiano di essere niente di più di un pannicello caldo. Infine non è chiaro come questo nuovo regolamento si integrerà nella riforma della medicina territoriale così come prevista dal Pnrr”.

I sindacati chiedono di incontrare l’assessora provinciale alla Salute Stefania Segnana per conoscere nel dettaglio i contenuti della riforma e aprire un confronto sul merito dell'attuazione in Trentino dei nuovi standard dell'assistenza territoriale introdotti con il Pnrr. “Non vorremmo - spiegano - che si finisse per puntare ad una valorizzazione solo formale dei presidi periferici depotenziando il sistema pubblico e riducendo la qualità delle cure per tutti i cittadini. In questo condividiamo i timori dell’ordine dei medici”. Critiche alla riforma sono arrivate anche dal presidente del gruppo consiliare di Fratelli d’Italia Claudio Cia.

La nuova organizzazione comporterà un maggiore costo complessivo su base annua di circa 2 milioni di euro. La riforma punta a un’integrazione dei professionisti sanitari e socio-sanitari sul territorio per garantire vicinanza, accessibilità e continuità assistenziale, in particolare nella presa in carico e nella gestione domiciliare delle situazioni di cronicità e per facilitare il coinvolgimento attivo dei pazienti. Tre i distretti individuati con sei ambiti territoriali: nord (Trento e Valle dei Laghi, Val di Non e Sole, Rotaliana, Paganella), sud (Vallagarina e Altipiani Cimbri, Alto Garda e Giudicarie) ed est (Cembra, Fiemme e Fassa, Valsugana, Tesino e Primiero).

Il rischio privatizzazione della sanità trentina

A preoccupare sia i sindacati sia Cia è la progressiva privatizzazione della sanità trentina, a partire dai settori in cui è più difficile reperire personale. L’ultima notizia in tal senso è arrivata a inizio mese quando l’Apss ha detto di essere alla ricerca di liberi professionisti per coprire i turni dei pronto soccorso trentini.

“Affidare servizi sanitari pubblici a soggetti privati è una scelta pericolosa, che rischia di compromettere la tenuta della nostra sanità, depotenziandola - affermano oggi i segretari provinciali Andrea Grosselli (Cgil), Michele Bezzi (Cisl) e Walter Alotti (Uil) -. Crediamo che la direzione da percorrere sia, invece, quella opposta: rafforzare il sistema sanitario provinciale investendo concretamente nel reperimento di personale, medici in primis, e stanziando risorse sufficienti per far funzionare il sistema”. “È dall’inizio della legislatura che questa Giunta tenta di spostare l’asse sul privato - attaccano ancora i sindacalisti -. Servirebbero investimenti strutturali, ma è difficile che chi voleva tagliare di 120 milioni di euro il budget dell’Azienda sanitaria prenda atto di questa verità”.

“L’apertura del direttore generale dell’Apss alle cooperative per l’affidamento dei servizi dei pronto soccorso e dei punti nascita è un campanello d’allarme che potrebbe portare a una minor qualità del servizio – aggiunge il consigliere Cia –. È comprensibile, poi, che nell’immediato vengano aumentate le paghe per ricorrere ai medici che in libera professione coprono i turni scoperti nei pronto soccorso e nei punti nascita, ma ciò a lungo termine potrebbe disincentivare la loro propensione a lavorare principalmente nel pubblico, collezionando invece solo qualche sporadico e ben retribuito gettone di presenza”.

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