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Il consiglio provinciale si spacca sul ritorno alla terza preferenza

Tensione sulla proposta di Patt e La Civica. Il Pd: "Un attacco alla parità di genere". Anche nel centrodestra c'è chi si dice contrario

Nella politica trentina torna d'attualità il dibattito sulle preferenze da attribuire nelle schede elettorali. In consiglio provinciale infatti è andata in scena, in Prima commissione, la discussione sul ddl proposto da La Civica (Vanessa Masè) e dal Partito Autonomista Trentino Tirolese (Paola Demagri) e che propone il ritorno alle tre preferenze, di cui almeno una di genere.

Al momento in Trentino chi vota può esprimere due preferenze, a patto che siano una per un uomo e una per una donna. Così si è votato nelle provinciali del 2018, dopo l'approvazione della doppia preferenza di genere nella primavera del 2017. Una proposta, quella del ritorno alle tre preferenze, che ha diviso il consiglio: nell'idea di chi si oppone c'è soprattutto il rischio che le tre preferenze avvantaggino gli uomini. Intanto un dato: il voto dell'ottobre 2018, con la doppia preferenza di genere, ha portato all'elezione di  9 consiglieri donne e 26 uomini.

"Un attacco alla parità di genere che riporta indietro il Trentino" è la linea del Partito democratico. "Con la terza preferenza - dice la capogruppo dem Sara Ferrari -, si introduce il concetto di quota cancellando quello di parità di genere che si incarna nel principio del 50% delle possibilità che la doppia preferenza tutela. Il ddl, ha detto ancora, fa fare al Trentino un passo indietro. E questo per correggere una norma alla quale si sono adeguate, in base all’indicazione del Governo, quasi tutte le regioni".

"Una proposta frutto di una cultura patriarcale e sessista" fa eco il consigliere di Futura Paolo Zanella. "La doppia preferenza - aggiunge - ha dimostrato la necessità di norme che garantiscano le pari possibilità e non due su tre. Perché gli studi ci dicono che le tre preferenze portano un netto vantaggio agli uomini" conclude.

Anche nel centrodestra c'è chi non sembra scaldarsi particolarmente all'idea: l'esponente di Fratelli d'Italia Alessia Ambrosi ha dichiarato che, se si dovesse votare in consiglio, lei non appoggerà il ddl. "Una moltiplicazione delle preferenze per le elezioni provinciali in Trentino, rischierebbe di farci tornare in un terreno poco chiaro. Allargare il numero di preferenze rischia di farci tornare indietro ai tempi degli accordi della Prima Repubblica. Due preferenze, per la cittadinanza, sono più che sufficienti".

Favorevole invece la Lega: secondo la capogruppo Mara Dalzocchio, "le proposte normative in materia, come è stata quella della doppia preferenza (voluta dal Pd nella precedente consiliatura ndr), sono influenzate da scelte ideologiche che alla prova dei fatti non producono risultati ma limitano la libertà di scelta degli elettori. L’imposizione non aiuta le donne, tanto che non c’è stato un boom di elette, così come non le aiuta il vittimismo" ha concluso.

Fuori da piazza Dante, si sono espressi contro il ritorno alle tre preferenze anche i sindacati: secondo Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Alotti (segretari di Cgil, Cisl e Uil del Trentino), "ritornare alle tre preferenze sulle schede elettorali sarebbe un grave passo indietro per la nostra comunità. E non si facilita l'accesso  paritario di genere alle istituzioni  dei cittadini e delle cittadine oltre a svalutare la  parità di genere quale  priorità che riguarda il Trentino, o almeno le sue istituzioni".

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