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Rottura Pd-Calenda, Ugo Rossi saluta Azione

Rossi: "Ognuno dà la colpa all'altro. Non mi interessa chi ha più colpa. Hanno fatto un pasticcio"

La rottura tra Calenda e il Partito Democratico di inizio agosto arriva fino al Trentino. Ugo Rossi ha annunciato lunedì 8 agosto la sua uscita da Azione, il partito di Calenda. Rossi ha definito la vicenda uno "spettacolo a cui non mi sento di partecipare". Dopo anni di impegno per mantenere unite le forze, ora Rossi abbandona. L'ultima rottura secondo il politico trentino ha fatto sfumare l'opportunità, l'occasione data dalle prossime elezioni, quelle del 25 settembre. 

"Sono sempre stato convinto della necessità di costruire una forza politica liberal/democratica che rompa l’assurdo schema destra/sinistra. Azione mi era sembrata il luogo migliore per coltivare questo obiettivo e queste elezioni erano una bella occasione, un banco di prova - spiega Rossi -. Ho sempre pensato che l’obiettivo non fosse in contraddizione con un dialogo col Pd, a condizione che quel partito si decidesse a compiere quella scelta sempre rinviata di voler essere a tutti gli effetti un partito socialdemocratico europeo. Per questo motivo non ero pienamente convinto (ma avrei portato avanti la decisione) dell’accordo fatto col Pd perché lasciava chiaramente spazio a possibili alleanze con ex 5s e sinistra/verdi".

Quello che non convinceva Rossi era proprio quella che lui definisce "ambiguità di un partito 'democratico' che non sa o non vuole fare una scelta definitiva e chiara rimanendo invece prigioniero del massimalismo. Come era scritto nell'accordo Pd / Azione le successive alleanze si sono poi ovviamente e puntualmente palesate,  fra Letta e la sinistra 'per tutelare la Costituzione'. Era previsto ripeto, ed è accaduto". 

Non è piaciuta al consigliere provinciale la scelta politica di Letta e del Pd di restare ancorati al solito ritornello del "se no vincono le destre". Scelta, peraltro, che Rossi considera sbagliatissima. Quello che ha prevalso, fino ieri, è stato il rispetto dei patti per il politico trentino, da onorare per principio, anche se costano e da rispettare.  

Se il ripensamento è da considerarsi legittimo, "la credibilità crolla - continua Rossi -, perché banalmente questo determina che adesso trascorreranno  la campagna elettorale ad accusarsi l’un altro su chi per primo abbia  violato il patto. Una campagna elettorale per indicare le colpe e le contraddizioni dell’altro non farà che nascondere l’inadeguatezza e quindi la pericolosità della coalizione avversaria". 

È forte la delusione di Rossi per l'epilogo di inizio agosto. "Mi sentivo impegnato per dare una piccola mano per costruire qualcosa di 'serio' nel cosiddetto 'centro sinistra' anche in vista delle elezioni provinciali - ha concluso Rossi -. Lo avevo fatto mettendo da parte per primo il passato,  con spirito di unione nonostante la delusione di  essere stato 'scaricato' dagli alleati del PD (e altri) che nell’agosto di quattro anni fa, dopo la sconfitta alle politiche decisero, al termine di uno stillicidio mediatico durato 4 mesi, che per 'cambiare' doveva restare tutto com'era, tranne il presidente Rossi. Un pasticcio anche allora. Lo avevo fatto dicendo di voler lavorare per favorire un ricambio generazionale e quindi coerentemente di non candidare a nessuna elezione pensando invece a giovani preparati e disponibili. Mi sono invece ritrovato nel pieno dell'ennesima lite infinita, dentro e fra i partiti del centro sinistra, con discussioni lontane anni luce dai veri problemi dell'Italia e del Trentino. Un centro sinistra avviluppato su se stesso dove gli avversari sono solo nominalmente le 'destre' e i sovranisti mentre invece sostanzialmente ci si batte fra correnti interne o fra partiti della possibile coalizione. Come se l’essere tutti contro le destre autorizzi ciascuno a scagliarsi contro l’altro. Mi dispiace ma ciò che vedono le persone è questo, o almeno fino ad ora non hanno visto altro".

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