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Margherite, peonie e i "simboli della discordia"

Da margherita a peonia, l'evoluzione floreale del simbolo nato in Trentino e tornato alla ribalta in vista delle elezioni di marzo, ha occupato in questi giorni le cronache politiche nazionali. Abbiamo chiesto ad un esperto di darci qualche delucidazione

La vicenda della margherita dellaiana, rifiorita come peonia nel simbolo della lista Lorenzin, non poteva passare inosservata sul radar di Gabriele Maestri, studioso dei simboli della politica (o della discordia, come recita il titolo del suo libro, diventato un blog), affascinato fin da bambino, come ci racconta, dai "disegnini" che hanno caratterizzato la storia politica italiana dal Dopoguerra ad oggi. 

Classe 1983, laureato in Giurisprudenza e dottore di ricerca in Teoria dello Stato, giornalista e giurista, o meglio "entomologo della politica", caporedattore di Termometro Politico, Maestri ha messo nero su bianco la sua ricerca nel 2012 con il libro "I simboli della discordia", raccontando la storia dei partiti italiani attraverso la loro forma esteriore e fondando poi l'omonimo blog (clicca qui) dove la storia continua. Gli abbiamo rivolto alcune domande sulla "guerra delle margherite", ennesimo caso di discordia, tutt'altro che simbolica, nella litigiosa politica italiana.

Prima di tutto la questione legale: Dellai avrebbe potuto legittimamente usare la margherita, anche ben in vista al centro del simbolo, o ci sarebbero stati gli estremi per una denuncia da parte dei liquidatori della Margherita?
Penso ancora che Lorenzo Dellai avrebbe potuto usare la "sua" margherita, presente dal 1998 in più simboli: la grafica è diversa rispetto a quella della Margherita che fu di Rutelli. In Trentino sapete bene che è stata la margherita della Civica di Dellai a ispirare la Margherita nazionale, non c'era motivo giuridicamente di mettersi di traversom, e politicamente è stato poco elegante. La margherita di Dellai c'è ugualmente nel simbolo dell'Unione, senza riferimento al Trentino, ma se fosse stata più evidente di certo sarebbe partita un'azione giudiziaria da parte dei liquidatori della Margherita. Credo che anche Dellai fosse convinto di avere ragione, ma lui e gli altri del partito devono aver pensato che era meglio non rischiare di avere grane e finire in tribunale durante e dopo la campagna elettorale: gli avversari si sono mostrati agguerriti. 

Nel simbolo, come tu stesso hai notato, non compare il simbolo del movimento di Andrea Olivero. E' stato sostituito con quello, tutto trentino, dell'Unione? Che ricadute può avere questa mossa?
In effetti è strano che ci sia l'Unione senza più Trentino, riferibile a Dellai, e non ci sia il simbolo di Democrazia solidale che riunisce proprio Dellai, Olivero e altri. Probabilmente mettere sei simbolini nel cerchio grande sarebbe stato troppo e si è preferito mettere quello con la margherita, anche solo per puntiglio. E' curioso anche che Lorenzin abbia comunque citato DemoS senza fare il minimo riferimento all'Unione di Dellai, quasi a non voler citare il "fiore della discordia" neanche per sbaglio. Credo comunque che le ricadute siano pari a zero; del resto, il simbolo di Democrazia solidale è ben poco noto, mentre quello dell'Unione, almeno in Trentino, è conosciutissimo.

Cosa pensi del nuovo simbolo? Poniamo anche a te la domanda che la ministra Lorenzin ha posto al suo uditorio: ti piace?
Lo ammetto, per niente. Negli ultimi anni la qualità dei nuovi emblemi partitici creati è andata progressivamente calando: poche idee grafiche di concetto, pochi simboli veri con immagini che portino con sé un bagaglio di valori, molti marchi similcommerciali pieni di colori nazionali riarrangiati in tutte le salse. Qui ci si distacca dalla solita sinfonia tricolore, ma tra il colore fucsia shocking (quasi color vestito di Barbie, come ha notato qualcuno), le troppe miniature di simboli illeggibili sulla scheda, il nome di Lorenzin più grosso del nome di un partito ai primi passi e un fiore dai tratti infantili non produce un bel risultato. Non passerà inosservato, ma non è per forza un bene.

Da dove nasce la tua passione per i simboli della politica, o della discordia, come li chiami, e soprattutto dove ti ha portato?
Nasce dalla curiosità del bambino che ero: nel 1987 (non avevo ancora 4 anni) capitai davanti alla tv durante una delle maratone elettorali pomeridiane (si votava anche il lunedì mattina) e vidi il televisore riempirsi di "disegnini" e, allora, davvero belli da vedere e ben riconoscibili: non sapevo, tra l'altro, che le grafiche che io vedevo a colori in televisione in realtà sulle schede erano ancora in bianco e nero. L'età è cresciuta e la curiosità si è trasformata in passione, al punto che ne ho fatto un argomento di ricerca, traendone due libri, vari articoli giuridici e un sito, www.isimbolidelladiscordia.it che funziona dal 2012 e, negli anni, ha raccolto l'interesse e la collaborazione di tanti "drogati di politica". Segno che in giro ce ne sono molti più del previsto, di tutte le età. Un buon segno, in fondo: si parte dai simboli e si può arrivare molto lontano, parlando di politica o dei gusti di chi quei marchi elettorali dovrebbe votarli. Il viaggio è interessante, ma merita di essere fatto in compagnia.

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