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Crisi di governo, Marini (M5s): "Pieno sostegno ai colleghi"

Il consigliere provinciale accusa: "Da mesi gli alleati fanno di tutto per sabotare il movimento"

Il presidente del Consiglio Mario Draghi è rimasto un'ora al Quirinale in colloquio con Sergio Mattarella. Il premier ha spiegato al presidente della Repubblica quali sono le prospettive per il suo Governo dopo il voto sulla fiducia al decreto aiuti in Senato senza i senatori M5s.

La fiducia, posta sul decreto aiuti, è passata con 172 voti a favore, 39 voti contrari e nessun astenuto. Tutti e 61 i senatori M5s (la composizione del gruppo è scesa oggi di una unità dopo l'addio di Cinzia Leone, passata a Ipf) non hanno risposto alla chiama e non hanno partecipato al voto.

Nonostante il governo abbia comunque ottenuto la fiducia e l'approvazione in via definitiva del decreto aiuti, il presidente del Consiglio Draghi ha ritenuto necessario recarsi dal capo dello Stato per comunicare l'uscita de facto dalla maggioranza del movimento 5 stelle. Ora resta da capire se i ministri e i sottosegretari (Stefano Patuanelli, Rossella Accoto e Barbara Floridia) daranno le proprie dimissioni aprendo di fatto un rimpasto di governo o se sarà il premier Draghi ad aprire una crisi politica con un nuovo passaggio in Parlamento per richiedere la fiducia su un programma di governo che porti il Paese alle elezioni, al più tardi nel 2023 a fine naturale della legislatura.

La scelta dei senatori M5s è sostenuta anche dal consigliere provinciale trentino del movimento Alex Marini: "Condivido in pieno la scelta del M5S di uscire dall’aula del Senato al momento del voto sul decreto aiuti - afferma oggi l'esponente pentastellato in una nota -. Ancora una volta il M5s ha dimostrato di essere una forza politica coerente e responsabile, evitando di votare la sfiducia, nonostante la provocazione (l’ennesima) subita e quindi garantendo l'approvazione di un decreto di cui cittadini e imprese avevano bisogno. Al tempo stesso è stato dato un segnale chiaro di disapprovazione per l'operato del Governo e i continui attacchi rivolti da suoi esponenti verso il movimento".

Perché il M5s non ha votato la fiducia sul decreto aiuti

A scatenare il malcontento dei pentastellati (e non solo: la fiducia non è stata votata nemmeno da Leu) è stato l'inserimento nel decreto aiuti di una norma sul termovalorizzatore (o inceneritore) di Roma. "La norma - spiega Marini - non aveva nulla a che fare con gli aiuti previsti dal decreto ed è stata mantenuta apposta per attaccare il M5s sulla questione della tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini".

Per il consigliere trentino la crisi è però ben più ampia di quanto avvenuto sul decreto aiuti: "I fatti sono chiari: da quando il M5s ha assunto il ruolo di governo nella variegata compagine che sostiene Draghi, sono stati gli stessi alleati a fare di tutto per sabotare e smantellare i provvedimenti che erano stati adottati in forma congiunta. A forza di proporre questi comportamenti si è passato il limite una volta di troppo".

"Il M5s - conclude Marini - non poteva continuare a subire passivamente le scelte del Governo dei cosiddetti migliori perché questo avrebbe significato non svolgere il proprio mandato elettorale. Ora il presidente del Consiglio in carica, il presidente della Repubblica e le altre forze politiche dovranno trovare una soluzione tenendo in considerazione la mutata maggioranza parlamentare. Auspicabilmente nel rispetto delle norme e delle prassi costituzionali. Come si è visto oggi, i voti per governare senza il M5s li hanno. Se il governo cade sarà quindi per loro scelta, non certo perché il M5s non vota provvedimenti chiaramente mirati a danneggiare il M5s stesso".

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