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Il Comune di Trento modifica il regolamento sui referendum

Il Comune propone di modificare le regole per i referendum comunali: quorum dal 50 al 30%, ma aumento delle firme per farne richiesta del 125%. C'è tempo fino al 27 febbraio per presentare osservazioni

In pochi avranno fatto caso alla notizia sulla prima pagina del sito del Comune, ma facendo attenzione alle ultime notizie si potrà vedere il titolo "In visione all'Urp le proposte di modifica delle norme sul referendum comunale". Si tratta di proposte di modifica di Statuto e Regolamento sugli Istituti di partecipazione popolare che avrebbero l'obiettivo di:

  • innalzare il numero fisso di duemila sottoscrizioni da raccogliere per proporre un referendum comunale al numero variabile determinato calcolando il cinque per cento degli elettori del Comune di Trento; attualmente sono circa novantamila e cento, perciò si tratta di circa quattromila e cinquecento sottoscrizioni. Proporzionalmente, il meccanismo vale anche per i referendum circoscrizionali.
  • diminuire il quorum di validità del referendum comunale dal cinquanta per cento più uno degli elettori al trenta per cento. Il meccanismo vale anche per i referendum circoscrizionali.

Questa proposta nasce dopo che nei mesi scorsi il comitato "Quorum Zero a Trento" aveva presentato una proposta di delibera, con la quale 1900 cittadini trentini chiedevano al Consiglio comunale l'eliminazione del quorum dai referendum comunali. Il Consiglio aveva respinto la proposta il 5 dicembre 2012, ma si era impegnato a presentare una sorta di "controproposta".

Ora il Comune da la possibilità di "chiedere informazioni, precisazioni e presentare osservazioni e deduzioni telefonando al numero telefonico 0461/884140 o scrivendo alla Segreteria generale (via Belenzani, 19 - 38122 Trento, renzo_gottardi@comune.trento.it)".

Il comitato "Quorum Zero a Trento" mette a disposizione sul suo blog il testo di questa proposta di delibera (scaricala qui).

Entrando più nel dettaglio, attualmente il Regolamento prevede che un referendum comunale possa essere richiesto da 2000 cittadini, che corrispondono a circa il 2,3%. Portare il numero di firme richieste al 5% significherebbe un aumento del 125%. A livello nazionale la richiesta di referendum può essere avanzata dall'1% degli aventi diritto. C'è da dire inoltre che l'attuale numero di sottoscrizioni ha postato negli ultimi 15 anni all'indizione di 2 soli referendum, peraltro falliti a causa del mancato raggiungimento del quorum.

E' il caso di ricordare che le sottoscrizioni per presentare richiesta di referendum devono essere raccolte con precise modalità: su moduli vidimati, firme apposte in presenza di determinati soggetti "autenticatori" e successivamente integrate con certificazione elettorale. Queste modalità sono riconosciute a livello europeo come le più macchinose tanto che nel libro "Più Democrazia per l'Europa", dati alla mano, si scrive espressamente che "tali regole per la maggior parte degli Stati membri sarebbero inaccettabili e rischierebbero di mortificare lo strumento".

Oltre alle modalità di raccolta firme le attuali regole prevedono la raccolta in massimo 90 giorni. Si è detto che il 5% che vorrebbe fissare il Comune corrisponde a circa 4500 elettori. 4500 firme da raccogliere in 90 giorni significa 50 firme ogni singolo giorno a disposizione. Se un comitato di cittadini avesse la possibilità di raccogliere le sottoscrizioni solo 3 giorni alla settimana dovrebbe raccoglierne 125 ad ogni uscita, sempre nell'ipotesi di raccogliere firme in tutti i 90 giorni consentiti, senza tenere 1-2 settimane di sicurezza per completare i vari adempimenti burocratici.

Tutto questo per dire che le nuove regole rischierebbero di aumentare le difficoltà di partecipazione dei cittadini, oltre a creare ulteriore disparità tra cittadini e partiti, che notoriamente sono più "organizzati", hanno maggiore disponibilità economiche, oltre ad avere già al loro interno le figure autorizzate all'autentica delle firme.

Ma oltre a queste considerazioni, che potrebbero essere valutate di poco conto, vediamo come si pronuncia la "Commissione di Venezia". Questo organo, ai più sconosciuto "è un organo consultivo del Consiglio d'Europa sulle questioni costituzionali (…) è composta da esperti di diritto costituzionale e internazionale, giudici di corti supreme o costituzionali e membri di parlamenti nazionali. La Commissione svolge un ruolo importante nella difesa del patrimonio costituzionale europeo e si è progressivamente evoluta sino a diventare un'istanza di riflessione giuridica indipendente, internazionalmente riconosciuta" (vedi articolo originale). Questa commissione ha emesso dei codici di buone pratiche, e in merito al quorum si esprime così:

Sono sconsigliati:

a. Il quorum di partecipazione (percentuale minima di aventi diritto al voto) perché assimila gli astensionisti a coloro che parteggiano per il no.

b. Il quorum di approvazione (percentuale minima di si tra gli aventi diritto al voto) perché rischia di creare una situazione politica difficile se la proposta è approvata con una maggioranza semplice inferiore al quorum richiesto.

Ora il Consiglio comunale di Trento ha la possibilità di adeguare i propri regolamenti in materia di partecipazione popolare alle migliori pratiche europee, ma sembra che la direzione presa sia ben diversa. Prima che sia troppo tardi i cittadini hanno questa opportunità di dire "la loro". Ovviamente non ci si aspetta che il Consiglio comunale di Trento condivida le indicazioni che vengono da un così qualificato forum, nonostante rappresenti il meglio del diritto costituzionale del nostro continente, ma che almeno mostri di conoscere tali nozioni.

Potrebbe rivelarsi come un ulteriore caso in cui il mito per cui i rappresentanti politici siano più preparati dei cittadini si dimostra basato sul nulla.

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