Barnabo delle montagne, il film proiettato alla SAT
Mario Brenta presenta il film “Barnabo delle montagne”, Gran Premio al 43° Trento Film Festival 1995. Martedì 16 gennaio 2018 | ore 18 allo Spazio Alpino SAT
Barnabo delle Montagne è il primo romanzo ed uno dei più conosciuti e più letti di Dino Buzzati. Un testo spesso proposto negli Istituti superiori per quel suo linguaggio asciutto e quella trama così magistralmente umana da essere ascrivibile a certi drammi e stati d’animo dell’adolescenza.
Un romanzo in cui la montagna, come sempre accade con Buzzati, in cui la montagna ha sempre un ruolo da protagonista. L'opera filmica di realismo magico, realizzata in coproduzione Svizzera e con l'apporto di Rai Uno e della Comunità Europea, è stata presentata in concorso a Cannes e ha ottenuto un po' dovunque prestigiosi riconoscimenti: dal Premio Italia "Cinema e Società" come miglior film dell'anno 1994, al Gran Premio al Festival Internazionale del Cinema Mediterraneo di Montpellier in Francia, al Premio per la miglior regìa e il Premio Speciale della Critica al Festival Internazionale del Cinema Latino a Gramado, in Brasile, al Premio di Qualità del Ministero dei Beni Culturali; dai Gran Premi al Festival Internazionale della Montagna di Trento (1995) e dei Diablerets in Svizzera (1996) al "Ciak d'Oro come miglior film dell'anno per i costumi e alla Targa "Nestor Almendros" per la miglior fotografia, entrambi nel 1995.
“La montagna è il grande spazio aperto, immobile, silenzioso ma solo in apparenza, solo se visto da lontano – osserva il regista del film Mario Brenta che martedì 16 gennaio alle 18 allo Spazio Alpino Sat introdurrà la proiezione - Più ci si avvicina, più tutto diventa incerto, misterioso, ci si perde nei suoi anfratti imprevisti, in uno spazio avvolgente, sinuoso dove il tempo è sospeso nel silenzio ma dove il silenzio è vivo, come i refoli di vento che accarezzano le rocce e come le rocce stesse che si aprono e si sgretolano nel trasalimento delle piccole frane e di quei loro timidi rumori furtivi. Ecco, allora la montagna, non è più quell’oggetto estraneo, diverso, forse talvolta anche ostile, ma diventa il luogo di un abbraccio vibrante e affettuoso che ci trascina nell’abisso della nostra interiorità, nel nostro personale mistero. Barnabo delle Montagne, sia in quanto film, sia in quanto opera letteraria – sostiene il regista - è quello che si può definire un bildungsroman, ovvero una storia di formazione. E qui sta, credo, il suo valore di universalità, ovvero di cammino che ciascuno di noi è destinato a compiere. E’ il passaggio dalla giovinezza all’età matura che porta al riconoscimento delle proprie qualità – ne è fermamente convinto Mario Brenta - ma anche alla consapevolezza dei propri limiti e soprattutto alla loro accettazione che ognuno di noi è chiamato ad affrontare. E tutto ciò si produce dentro di noi come riflesso che viene dall’esterno, dal mondo, attraverso un dialogo continuo con esso. La natura non è un semplice aspetto del mondo, una cosa inerte, un oggetto in contrapposizione al nostro essere soggetto. Essa è a sua volta soggetto con il quale siamo continuamente in relazione e con il quale condividiamo un medesimo linguaggio perché veniamo da una stessa matrice. Ecco allora appunto la montagna o, se vogliamo, le montagne, anch’esse come singoli individui, assumere una valenza che va oltre il loro significato primario. Diventano, con la loro verticalità, la loro maestosità, la loro dolce asprezza, il luogo del trascendente, dell’orizzonte ultimo, prima dell’imperscrutabile. Quell’assoluto cui l’uomo tende da sempre e da cui spera avere la grande ultima risposta: perché esisto, qual è il senso della vita?.