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Il Nobel Esquivel: "Dio non uccide, ma l'uomo lo ha fatto in suo nome"

Le peggiori atrocità sono state compiute nel nome di Dio. Ma Dio non uccide, sono gli uomini a sporcarsi di sangue nascondendosi vigliaccamente e ipocritamente dietro il velo salvifico della divinità

“Dios no mata. Los que matan sono los hombres”. Il premio Nobel Adolfo Pérez Esquivel ha iniziato così il suo intervento ieri sera al castello del Buonconsiglio, nell'incontro organizzato dal Consiglio provinciale e dalla casa editrice il Margine, che ha edito il libro biografico sul premio Nobel per la Pace scritto dal giornalista Arturo Zilli.

Davanti ad un buon pubblico Esquivel ha ricordato anche che nella storia della sua terra (l'Argentina), ma anche in molte altre storie, le peggiori atrocità sono state compiute nel nome di Dio. Ma Dio non uccide, sono gli uomini a sporcarsi di sangue nascondendosi vigliaccamente e ipocritamente dietro il velo salvifico della divinità. “Io sono un militante sopravvissuto all’orrore dell’America latina”, ha detto Esquivel che ha più volte ribadito di essere uno tra molti. Molti purtroppo che non sono sopravvissuti ed hanno pagato con la vita il coraggio di dire di no, di opporsi all’orrore del regime, su cui anche l'Italia ha la sua parte di responsabilità (quantomeno morale), visti i rapporti conclamati di autorevoli membri del regime militare argentino, come l’ammiraglio Massera e il generale Suárez Mason, con la loggia P2 di Licio Gelli, vicino alla destra peronista.
 
 

Il premio Nobel Adolfo Esquivel a Trento

 
"Molti che non sono più qui, ma lo sono nella coscienza, nel ricordo, nella memoria della lotta. Noi non siamo né dietro, né davanti ai popoli, siamo con i popoli”, ha proseguito Esquivel ponendo l’attenzione sui numerosi movimenti sociali emergenti nel mondo, a partire da quelli femminili, quelli delle popolazioni originarie indigene, quelli che si stanno costituendo dal basso, i movimenti dei lavoratori, degli studenti, dei “campesinos”. Questi movimenti sono il seme della storia futura. “Dobbiamo cambiare il nostro modo di pensare, dobbiamo educarci alla libertà, alla consapevolezza, respingendo la monocultura del pensiero unico che è quanto di più pericoloso può avvenire in una società. E la peggior sconfitta che possiamo incontrare nella vita”, ha proseguito Esquivel “è il conformismo”. “Dobbiamo” ha aggiunto “educarci all’amore che è la forza e il motore di ogni cambiamento, anche se nessuno può amare per decreto. Ma ricordiamoci” ha concluso esprimendo anche un augurio “che amare è l’atto di libertà più grande della vita e che quanto descritto in questo libro è frutto dell’amore non di uno, ma di tantissimi uomini”.
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