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Trentino nella morsa dell’inflazione. E gli effetti si vedono su chi lavora

I rincari “divorano” in media due stipendi mensili. Per i sindacati la strada su cui proseguire è quella della contrattazione

Continua, purtroppo, la corsa dell’inflazione in Trentino. Certo, la crescita dei prezzi è calata, con l’Istat che ha certificato un +10% a gennaio rispetto al 2022, mentre a dicembre era al 12%. Nonostante ciò, però, non si possono ancora dormire sonni tranquilli.

Trainer della crescita inflazionistica si confermano le spese della casa, l’acqua, il gas e la luce, in attesa di vedere effetti degli attesi cali sulle bollette, soprattutto per le fasce della società come lavoratori e pensionati, le cui retribuzioni spesso non sono sufficienti per tenere il passo dei rincari.

“L’unica via d’uscita si chiama contrattazione. In queste settimane si sono segnati passi avanti significativi con il rinnovo del contratto integrativo provinciale dell’edilizia e dell’artigianato metalmeccanico. Siamo giunti anche alla storica firma di un contratto integrativo per il turismo. È questa la strada da percorrere, ma nei datori di lavoro pubblici e privati ci sono troppe resistenze” spiegano i segretari di Cgil, Cisl e Uil Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Alotti.

Una strada, quella della contrattazione, che assume un ruolo determinante, se si considera, come sottolineano le sigle, che in Trentino ci sono circa 120mila dipendenti con le retribuzioni bloccate. E non va dimenticato, poi, che a causa dell’inflazione un lavoratore dipendente medio ha visto svanire di fatto due mensilità. “Servono misure che spingano le aziende ad accrescere la propria produttività e ad aumentare i salari in modo strutturale” concludono Grosselli, Bezzi e Alotti.

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