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La misura

Reddito di cittadinanza: cosa succede dopo le elezioni

Sussidio rafforzato, ridotto o cancellato: tutte le posizioni dei partiti sulla misura "anti povertà"

Cosa succede al reddito di cittadinanza dopo le elezioni del 25 settembre? Il sussidio anti povertà ha da sempre diviso le forze politiche, tra strenui sostenitori e fermi oppositori. Il Movimento 5 stelle continua a ritenerlo intoccabile, tanto che una parziale modifica alla misura, inserita nel decreto aiuti, è stata una delle cause che ha scatenato la crisi del governo Draghi. Il partito di Giuseppe Conte, infatti, punta a rafforzarlo. Gli altri schieramenti politici non sembrano sostenere la validità e l’utilità del reddito di cittadinanza. A partire dal centrodestra di Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi che vorrebbe abolirlo, fino al centrosinistra che vorrebbe modificarlo, ecco le posizioni delle forze politiche a riguardo.

La misura di contrasto alla povertà è stata introdotta nel gennaio 2019 e costa tra i 7 e gli 8 miliardi all’anno. Il Movimento 5 stelle nel suo programma elettorale punta a rafforzarlo con misure per rendere più efficiente il sistema delle politiche attive e il monitoraggio delle misure antifrodi. Nel centrodestra, la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni l’aveva già definito, un anno fa, “il metadone di Stato”. E il suo parere non sembra cambiato. Il leader della Lega Matteo Salvini proponeva di rivederlo.

Nel programma del centrodestra si parla genericamente di una sostituzione con misure più efficaci. La proposta di FdI è inserire nuovi sussidi di solidarietà solo per chi ha un Isee basso. Per il coordinatore di Forza Italia, Antonio Tajani, andrebbe invece ridotta la platea dei beneficiari del reddito di cittadinanza per destinare le risorse che avanzerebbero agli anziani con pensioni basse e agli invalidi.

E il Pd? Nel programma elettorale, i dem propongono di “ricalibrare il reddito di cittadinanza” per evitare le storture come “l’ingiustificata penalizzazione delle famiglie numerose e con figli minori”. Necessario, poi, implementare “il sistema con un altro meccanismo: l’integrazione pubblica alla retribuzione in favore dei lavoratori e delle lavoratrici a basso reddito”.

Per quanto riguarda il terzo polo, in un primo momento i centristi erano spaccati sul reddito di cittadinanza, con il leader di Azione Carlo Calenda che voleva una riforma e il leader di Italia Viva Matteo Renzi che invece l’aveva bollato come un fallimento. Ora si sarebbe trovato un accordo. La base da cui partire sarebbe quella tracciata dal premier Mario Draghi, ovvero che si dovrebbe continuare ad aiutare chi non può lavorare.

Chi invece può essere occupato e rifiuta l’offerta di lavoro dovrebbe perdere il beneficio economico, secondo il terzo polo. La proposta di Carlo Calenda sarebbe quella di coinvolgere nella riforma del reddito di cittadinanza anche le agenzie private per il lavoro e non solo i centri per l’impiego, così da avere più strutture che potranno collocare le persone.

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