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Pensioni

Il governo vuole prorogare quota 103 senza riforma?

Tutto in stallo, o quasi, al momento. Il pensionamento con 41 anni di contributi e 62 di età introdotto dall'esecutivo Draghi potrebbe durare un altro anno

Non c'è alcun accordo su una riforma strutturale delle pensioni, tutto è ancora in stallo e il tempo corre. Al momento, sul tavolo del governo, c'è soltanto la proroga per un anno - fino al 2024 - di quota 103, il pensionamento con 41 anni di contributi e 62 di età introdotto dall'esecutivo Draghi. Giorgia Meloni ha già fissato le sue priorità per la prossima manovra e in cima alla lista c'è la riforma del fisco. L'intenzione del governo, quindi, è quella di concentrare tutte le risorse sul taglio delle tasse. Il tema, d'altra parte, è un tasto sensibile nei rapporti con le istituzioni europee: toccarlo ora vorrebbe dire farlo in un momento nel quale a Bruxelles ci si appresta a discutere il patto di stabilità che tocca proprio le spese correnti, come quella pensionistica.

Come riporta Today, la riforma delle pensioni sembra essersi arenata e per questo i sindacati sono preoccupati. Dopo i primi due incontri tra governo e sindacati avvenuti nelle scorse settimane, non c'è ancora una data per la terza riunione che dovrebbe essere la più importante perché riguarderebbe proprio le misure di flessibilità da adottare nel 2024, per superare la legge Fornero e permettere di anticipare l'accesso alla pensione rispetto a quanto previsto da quella legge. In origine, il piano tra sindacati e governo Meloni sulle pensioni era di arrivare ad un accordo entro il mese di aprile, quando alle Camere verrà presentato il documento di economia e finanza (Def) con le previsioni di spesa per il 2024. Al momento, però, il raggiungimento di questo obiettivo sembra sempre più difficile.

Sette modi per lasciare prima il lavoro e andare in pensione oggi

Il governo di Giorgia Meloni ha posto il superamento della legge Fornero (pensionamento a 67 anni di età con 41-42 di contributi) come obiettivo da raggiungere entro il termine della legislatura. Se la scadenza di aprile è difficile da rispettare, è possibile che tutto slitti alla fine dell'estate, con la nota di aggiornamento del Def da presentare entro il 20 settembre. Il punto è che la riforma delle pensioni potrebbe continuare ad essere posticipata a causa di altre questioni a cui il governo sta dando la priorità, come il fisco, lo stop al superbonus, l'addio al reddito di cittadinanza, la questione migranti e le conseguenze della guerra in Ucraina.

Ecco perché per il 2024, il rischio concreto è che le novità sul fronte delle pensioni possano essere solo altre misure provvisorie e limitate ad una platea circoscritta di beneficiari. Il problema, inutile girarci troppo intorno, sono le coperture finanziarie insufficienti per una riforma definitiva che possa soddisfare le richieste dei sindacati. Al momento, dunque, la proroga annuale di quota 103 è l'unica ipotesi concreta.

L'ipotetica quota 41 si potrebbe probabilmente attuare soltanto nel 2025: per allora Palazzo Chigi avrà probabilmente trovato un meccanismo che consenta uscite anticipate dal lavoro alternative al ritorno della legge Fornero. La soluzione strutturale, proposta soprattutto dalla Lega, si basa sul prepensionamento universale con 41 anni di contributi, ma servono 9 miliardi di euro. Oggi, però, ci sono già alcune categorie di lavoratori che possono chiederla: quota 41 può essere scelta dai lavoratori precoci, in attività prima dei 19 anni di età, e da coloro che sono addetti a mansioni gravose.

Per quanto riguarda il prossimo anno nulla o quasi cambierebbe: per chi dovesse optare per quota 103, il governo ha già predisposto un tetto massimo per l'assegno pensionistico, che non potrà superare il quintuplo del valore dell'assegno minimo. Un limite da rispettare fino al raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia (67 anni con almeno 20 anni di contributi versati). Per chi decide di andare in pensione con questa strada non ci sarà alcuna penalizzazione in merito al criterio di calcolo dell'assegno, ma solo un tetto massimo per il trattamento riconosciuto. In pratica si applicherà il sistema retributivo, assegno calcolato sullo stipendio, sulle anzianità acquisite sino al 31 dicembre 1995 e, poi, il sistema contributivo, assegno calcolato solo sui contributi versati, dal 1° gennaio 1996.

Chi decide di entrare in questa finestra, tuttavia, fino alla maturazione dei requisiti dell'età per la pensione di vecchiaia non potrà ricevere, come detto, un assegno superiore a 5 volte quello minimo, ossia sopra i 2.870 euro lordi. Tra i 62 e i 67 anni (età necessaria per la pensione di vecchiaia) chi sceglie quota 103 dovrà rinunciare a un trattamento superiore a 5 volte l'assegno minimo. Dai 67 anni in poi, invece, riceverà l'assegno che gli spetta secondo la sua specifica situazione contributiva. 

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