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Economia

Pensioni, via dal lavoro a 62 anni: arriva lo sconto?

Ecco chi potrebbe avvantaggiarsene davvero dal 1º gennaio 2023

Sulle pensioni i sindacati rimangono solidi attorno a una clausola: ottenere il trattamento, dal 1º gennaio 2023, già a partire dai 62 anni o con 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica. C'è da dire che il governo non sembri propenso a discostarsi troppo dalla soglia anagrafica minima dei 64 anni fissata dalla legge Fornero per i lavoratori totalmente contributivi e dalla stessa Quota 102 (insieme a 38 anni di versamenti) introdotta per il solo 2022 dall’ultima legge di bilancio. La trattazione andrà avanti ancora per un po', ma potrebbe veramente essere possibile che 62 anni diventi un punto fermo della riforma, nonostante la resistenze di esecutivo e ministero del Lavoro. Già, ma come? Ecco tutte le ipotesi più credibili, da quelle più convenienti a quelle che lo sono meno per i lavoratori. E negli ultimi giorni prende piede anche la richiesta di uno "sconto" di 12 mesi per le donne.

In pensione a 62 anni?

Come riporta Today, il tempo per trovare la quadra c'è, ma il piano dell'esecutivo è di farlo già nelle prossime settimane, in tempo utile per il Def di aprile. La maggioranza deve cercare e trovare una sintesi non semplice. La certezza è che è il contributivo per tutti la via maestra da seguire, soprattutto nel caso dei trattamenti anticipati. Intanto con l'inflazione al 4,8% torna di attualità la rivendicazione che arriva "da sinistra" di una nuova scala mobile, secondo cui salari e pensioni dovrebbero salire automaticamente con l'aumento del costo della vita. Dal 1945 al 1992 era previsto per legge.

Il leader della Cgil, Maurizio Landini, dal palco della conferenza organizzativa a Rimini ha rivendicato "una riforma vera delle pensioni". I sindacati chiedono che si possa andare in pensione a partire da 62 anni o con 41 anni di contributi. Su questo tema il ministero del Lavoro non ha ancora dato risposte, che invece sono arrivate sulla pensione di garanzia per i giovani, donne e previdenza complementare con un possibile nuovo periodo di silenzio-assenso.

Chi andrà in pensione nel 2022

Un mese e mezzo fa è finita dopo tre anni di sperimentazione Quota 100 dopo tre anni, si passa a Quota 102 per chi somma 64 anni di età e 38 di contributi. Ma Quota 102 è roba per poche migliaia di lavoratori. Le prime uscite per Quota 102 saranno a maggio ed agosto, per via delle finestre di legge di tre e sei mesi previste per dipendenti privati e pubblici che raggiungono i requisiti. Opzione Donna è stata super confermata. Si tratta di una opzione che permette l'uscita anticipata alle lavoratrici dipendenti e autonome che hanno compiuto 58 o 59 anni, rispettivamente, nel 2021 e possono contare su 35 anni di contributi. Le finestre sono molto lunghe, 12 mesi per le lavoratrici dipendenti e ben 18 mesi per le autonome: le donne, nate entro il 1963 o 1962, lasceranno il lavoro tra la fine di quest’anno e il prossimo. La platea interessata è di 17 mila donne.

L'Ape sociale è stata confermata per il 2022 e allargata a più mansioni gravose: da 15 a 23 categorie. Poco più di 20mila gli "apisti" quest'anno. Calano da 36 a 32 anni i contributi richiesti a edili e ceramisti per poter richiedere l’Ape e uscire così dal lavoro a 63 anni.

Per chi invece accede al pensionamento con la legge Fornero nessun cambiamento è atteso per il 2022, né nelle modalità di accesso né nel sistema di calcolo applicato per l’assegno previdenziale. Quest'anno tra Quota 102, Opzione Donna e Ape sociale allargata, i lavoratori in potenziale uscita anticipata nel 2022 saranno 55mila circa.

Riforma pensioni: chi lascia il lavoro nel 2023?

Anticipi pensionistici in cambio del ricalcolo contributivo, non ci si discosterà da questo punto fermo: pensione in base a quanto si è versato dunque. Il problema è che con il ricalcolo contributivo l'assegno per molti lavoratori con carriere discontinue, periodi di cassa integrazione, precariato, basso salario è destinato a essere al limite della soglia di povertà. I sindacati chiedono anche una pensione di garanzia che permetta ai giovani con importanti buchi contributivi di avere pensioni dignitose, equità per i lavori gravosi e le donne. Tanta carne al fuoco: il tempo per organizzare una riforma vera che superi la Fornero c'è. Si preannunciano mesi di duro confronto.

Ma attenzione: qualsiasi riforma sarà solo e soltanto nel solco del sistema contributivo: si intende con metodo retributivo il calcolo dell’assegno pensionistico sulla base delle ultime retribuzioni, mentre con metodo contributivo si tiene in considerazione l’ammontare dei contributi effettivamente versati. Le stime più pessimistiche riportano che per il 60% di chi è entrato nel mondo del lavoro a metà degli anni ‘90, l’importo sarà sotto la soglia di povertà considerando anche che non è prevista un’integrazione al minimo. La riforma delle pensioni Fornero del 2011-2012 ha già predisposto numerose modifiche al sistema previdenziale italiano, segnando il passaggio definitivo dal metodo retributivo a quello contributivo.

La legge Fornero, porta con sé  – dal punto di vista del metodo di calcolo – l’estensione del sistema contributivo (che basa l’importo sui contributi versati durante l’intera carriera lavorativa) anche a coloro che, avendo maturato a dicembre 1995 almeno 18 anni di contributi, potevano usufruire del più favorevole regime retributivo (che collega l’importo all’ammontare degli ultimi salari percepiti). Questi cambiamenti strutturali, dal retributivo al contributivo, hanno comportato una consistente diminuzione del rapporto tra l’importo della pensione e l’ultimo reddito da lavoro percepito (il cosiddetto tasso di sostituzione) rispetto a quello fino ad allora corrisposto dal regime retributivo.

I possibili "trucchi" per lasciare prima il lavoro

Per il 2023 nessuna realistica possibilità di successo per l’ipotesi di pensionamenti anticipati con 62 anni, svincolati dal ricalcolo contributivo dell’assegno, che è contenuta nella piattaforma unitaria sulla previdenza consegnata dai sindacati a Palazzo Chigi. Invece ci sarà una condivisione di partenza sull'approccio che ipotizza dal 2023 uscite anticipate totalmente contributive e sull’allargamento del bacino dell’Ape sociale. Un segnale di questo tipo è arrivato con l’ok del governo all'emendamento alla manovra che fa scendere da 36 a 32 anni la soglia contributiva per l’accesso all’Ape sociale dei lavoratori edili e inserisce i ceramisti tra le mansioni usuranti per le quali è possibile utilizzare l’Anticipo pensionistico.

L'anticipo pensionistico "Ape Sociale" è una possibile trave portante della riforma delle pensioni 2023. Non dispiace a nessuno: oggi consente il prepensionamento, senza alcun onere economico, a specifiche categorie di lavoratori che abbiano raggiunto una certa età anagrafica (più altri requisiti).  L'Ape sociale, dove Ape sta per anticipo pensionistico, è un’indennità erogata da parte dello Stato destinata a soggetti - al momento basata su 63 o più anni di età in particolari condizioni di difficoltà, per esempio perché hanno svolto per anni lavori gravosi o perché assistono un coniuge con una disabilità o ancora perché si sono ritrovati disoccupati senza la possibilità di diventare a tutti gli effetti pensionati per motivi di età  - che hanno necessità di un aiuto economico prima di poter accedere alla pensione di anzianità.  La misura dell’Ape sociale, introdotta nel 2017, con la manovra è stata prorogata anche al 2022. Dal 2023 potrebbe essere estesa a molti più lavoratori.

Ci sono anche tante altre voci e indiscrezioni. Per la riforma previdenziale il presidente dell'Inps Tridico continua a sostenere una soluzione di compromesso che si basi sullo scambio tra flessibilità e ricalcolo contributivo dell'assegno. Non è di certo una novità, è da tempo che il presidente dell'istituto sostiene questa proposta senza tuttavia trovare troppi consensi. Si potrebbe in tal caso anticipare l'uscita a 64 anni ottenendo solo la quota contributiva dell'assegno. Poi dai 67 anni si riceverebbe anche la parte retributiva: una soluzione per ora passata sottotraccia ma che diventerebbe forse accettabile anche per i sindacati se quel "64 anni" diventasse "62 o 63 anni". Staremo a vedere.

Altrimenti, c'è sul tavolo l'ipotesi, partendo da una età minima (che non viene indicata, potrebbe forse essere 63 anni) di garantire l’uscita anticipata subendo una riduzione della quota retributiva della pensione (ad esempio, intorno al 3% per ogni anno di anticipo rispetto all’età legale) che compensi, in modo equo, il vantaggio della percezione della pensione per un numero maggiore di anni. Sarebbe una svolta vera, nel solco - inevitabile - del passaggio verso lo schema di calcolo contributivo. Sarebbe una modifica radicale perché di fatto permetterebbe a tutti, indipendentemente dalla loro carriera pregressa e senza impatto eccessivamente forte  per i conti pubblici nel lungo periodo, di lasciare il lavoro prima della soglia stabilita dalla Fornero. Una proposta nella forma e nella sostanza diversa da quella di Pasquale Tridico, che suggeriva di consentire l’anticipo della sola quota contributiva dell’assegno rimandando alla soglia di vecchiaia l’erogazione della fetta retributiva. 

Un'alternativa è il meccanismo di calcolo già testato per Opzione Donna, che diventerebbe una sorta di "opzione per tutti", con pensione anticipata a partire dai 62-63 anni di età. Finora le lavoratrici hanno avuto la possibilità di lasciare il lavoro anzitempo con almeno 35 anni di contributi e 58 anni di età (59 per le autonome). Il problema è che in cambio di un'uscita anticipata dal lavoro di una manciata di anni, il taglio dell'assegno può essere del 20 per cento circa rispetto a quello che si otterrebbe attendendo l'uscita stabilita oggi dalla Fornero. Non poco.

C'è quindi una forte attesa per vedere se l'esecutivo è pronto a mettere sul piatto qualcos'altro. L’idea del presidente Draghi sarebbe quella di lasciare aperta la porta alla la possibilità di anticipare la pensione a 62 anni con il sistema contributivo per tutti, abbandonando così il sistema misto e la definizione di "quote", evitando un ritorno rigido alla Fornero. Ma i meccanismi e i rendimenti delle pensioni anticipate sono tutti da vedere. E sono i dettagli a fare la differenza tra una fantasia e un'ipotesi praticabile, sostenibile per le casse dello Stato e non penalizzante per i lavoratori.

Lo sconto di 12 mesi per le donne

"Abbiamo chiesto al governo uno sconto di 12 mesi sull'accesso delle donne alla pensione per tutte le prestazioni pensionistiche. Oggi questo sconto è previsto solo nell'Ape sociale. A nostro avviso dovrebbe essere una sorta di anticipo che va a valere sulla pensione di vecchiaia, ma anche sulla pensione anticipata. Le donne che vanno, infatti, in pensione anticipata ordinaria con 41 anni e 10 mesi di anzianità, sono veramente molto poche perché questo esige una carriera continuativa che spesso le donne non hanno". Sono le parole di Valeria Picchio, esperta  di previdenza della Cisl, intervenendo al webinar 'Donne e Pensioni'. "Il problema è che se io chiedo un anticipo pensionistico, con il sistema contributivo, di fatto lo pago e lo pago anche con Opzione donna perché mi viene applicato un coefficiente di trasformazione che  penalizza dal vista del calcolo", ha aggiunto Picchio. "La nostra richiesta è quindi di trovare un meccanismo di anticipo ma  che non penalizzi le donne, conservando i coefficienti di trasformazione della pensione originaria", ha concluso.

Per Domenico Proietti,  segretario confederale della Uil, "bisogna prevedere un anno di anticipo pensionistico per ogni figlio, valorizzare il lavoro di cura ai fini della contribuzione previdenziale, superare i requisiti reddituali nel sistema contributivo che penalizzano in particolare le donne. Su queste proposte, la Uil si aspetta risposte chiare e una ripresa immediata del confronto con il Governo". 

Fonte: Today

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