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Economia

Buoni pasto a rischio, ristoratori: “Così lavoriamo in perdita”

Le associazioni di categoria chiedono di utilizzare per tutti il sistema a costo zero della Provincia

È stata un’adesione di massa quella allo sciopero di martedì 15 giugno. Per 24 ore pubblici esercizi, bar e ristoranti non hanno accettato alcun pagamento tramite buoni pasto, come proposto dalle federazioni nazionali Fipe e Fiepet. Ora, se la situazione non cambierà, molti ristoratori minacciano di smettere di accettare per sempre i buoni pasto. In Trentino parliamo di circa 1.500 esercizi: “Così non solo non c’è guadagno, ma lavoriamo in perdita”, denunciano.

Si chiede una riforma strutturale di un sistema che, per via di commissioni al 20 per cento, non è più economicamente sostenibile. “In Trentino c’è stata un’adesione quasi totale da parte della categoria - afferma il presidente di Fiepet Confesercenti Trentino Massimiliano Peterlana -. Chiediamo una riforma che parta da due punti fondamentali: la salvaguardia del valore nominale dei titoli e la definizione di tempi certi di rimborso da parte delle società emettitrici. In Trentino solo la Provincia gestisce buoni pasto per le imprese a costo zero: il sistema va cambiato per tutti”. 

“Se gestito correttamente, lo strumento dei buoni pasto potrebbe portare benefici a tutti i soggetti coinvolti, ma negli anni è diventato solo un costo insostenibile - aggiunge il presidente dell’associazione ristoratori del Trentino Marco Fontanari -. Stiamo lavorando su più tavoli, anche nazionali, per cercare una soluzione che faccia ritornare i buoni pasto alla loro funzione originale: quella di permettere ai dipendenti di usufruire di una rete di pubblici esercizi e ristoranti per i loro pasti, senza scaricare i costi e le speculazioni sugli esercenti”. 

“Negli anni - conclude la presidente dell’associazione pubblici esercizi del Trentino - i pubblici esercizi hanno investito molto per offrire ai propri clienti pasti di qualità con un’ampia offerta. Il sistema utilizzato dalla Pat ha indubbi vantaggi e non capiamo perché non possa essere di esempio anche per altre realtà”.

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