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Cronaca Oltrefersina / Via al Desert

Protonterapia entra nella sanità garantita,un potenziale di 700 pazienti all'anno

I pazienti curati fino ad oggi sono stati 175 ma potrebbero diventare 700 all'anno: i tre centri italiani di Protonterapia, tra cui quello di Trento, entrano a far parte delle prestazioni garantite dallo Stato

La terapia protonica entra a far parte dei livelli essenziali dell'assistenza: significa che al centro di Protonterapia di Trento chiunque potrà farsi curare, dietro pagamento del ticket e con relative esenzioni fino al regime gratuito. La notizia, attesa da anni, arriva da Roma dove, durante la Conferenza Stato - Regioni è stata sancita una nuova intesa sui cosiddetti Lea, livelli essenziali di assistenza, frutto di due anni di "trattative".

Il Ministero ha ritenuto opportuno inserire in queste prestazioni anche quelle offerte dai centri di Protonterapia, specializzati nella cura di alcuni tipi di tumori attraverso fasci di protoni al posto dei tradizionali raggi x. Com'è noto, il vantaggio sta nel modo con il quale i protoni rilasciano energia nei tessuti, concentrandosi sul punto dove è presente la massa tumorale ed evitando così di danneggiare i tessuti circostanti. Il Centro di via al Desert è una delle tre strutture presenti in Italia (al mondo ce ne sono 50) che utilizza questa tecnologia ma è rimasto fino ad adesso sottoutilizzato.

I lavori sono iniziati nel 2010, struttura ed impianti sono stati completati a fine 2013 e solamente l'anno scorso il centro è diventato operativo, arrivando a contare qualche decina di pazienti. Ad oggi si contano 175 persone che sono passate per il Centro di Protonterapia, di cui 15 ancora in trattamento.

Secondo le stime della Provincia i pazienti potrebbero diventare 700 all'anno, con un utilizzo a pieno regime, ovvero impiegando entrambe le camere di trattamento con fascio orientabile, chiamate gantry. Finora la Provincia aveva stipulato convenzioni bilaterali con altre Regioni, tra cui il Veneto dal quale proviene il 30% dei pazienti finora curati (più dei trentini, che sono il 26% del totale). Il sottoutilizzo non ha finora reso nemmeno necessario l'utilizzo della seconda camera. 

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