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Cronaca Centro storico / Piazza Dante

Dati fondamentali per decidere ma in Trentino è caos sul rapporto tamponi/contagi

Secondo il consigliere Luca Zeni molti positivi non risulterebbero nei dati perché il tampone viene eseguito dopo una settimana, il Patt chiede delucidazioni sui test nelle Rsa

Opposizioni ancora all'attacco della Giunta sui numeri del contagio. La polemica torna ad accendersi in un momento in cui i dati diventano fondamentali: proprio oggi, mercoledì 4 novembre, si terrà il confronto tra le regioni ed il ministro della Salute che in base ai 21 parametri previsti deciderà quali territori saranno zona "rossa", "arancione" o "verde". L'ormai famoso indice Rt è solamente uno di questi parametri, un altro è il rapporto tra posti totali e occupati in terapia intensiva. Secondo l'ultimo bollettino i ricoverati in rianimazione In Trentino sono 12. Nella prima ondata erano stati allestiti più di 100 posti, che sono poi tornati a 32 in estate, anche se a metà ottobre era stato annunciato un piano per aumentarli nuovamente fino a 78 nel giro, però, di un paio di mesi.

Nel frattempo rimangono forti perplessità proprio sui numeri e soprattutto su come vengono quotidianamente comunicati dalla Provincia sia ai cittadini che alle autorità nazionali. In particolare la lente d'ingrandimento è ora puntata sul rapporto tra i tamponi effettuati ed i nuovi contagiati. Da una parte il numero dei tamponi, sebbene con diverse oscillazioni, rimane molto alto (ultimamente si arriva anche a superare i 3.000 al giorno) non è affatto chiaro come vengano somministrati.

Tanti tamponi, ma a chi vengono fatti?

A sollevare dubbi è, di nuovo, il consigliere del Partito Democratico ed ex assessore alla Salute Luca Zeni. Lo dice molto chiaramente in un post su Facebook: "Se passano 7-10 giorni tra tampone rapido positivo e tampone molecolare di conferma, come sta avvenendo in questo momento in Trentino, in molti nel frattempo si negativizzano, ovvero “guariscono”, e non saranno mai conteggiati tra i positivi. In questo modo nei dati non compare una fetta di positivi che potrebbe essere rilevante ai fini delle decisioni".

Nel numero totale di tamponi ci sono poi altre due categorie da conteggiare: i tamponi di controllo, ovvero il secondo tampone per chi è risultato positivo, e quelli effettuati periodicamente agli ospiti delle Rsa: da protocollo dovrebbero essere effettuati ogni 15 giorni ai circa 4.000 ospiti delle 54 case di riposo trentine. Su questo secondo aspetto a chiedere chiarezza sono i consiglieri del Partito Autonomista Demagri, Rossi e Dallapiccola. "La Provincia comunica ogni giorno quanti siano i tamponi effettuati sul territorio trentino e quanti di essi risultino positivi, ma per poter leggere al meglio questo dato occorre tenere in considerazione a chi vengono eseguiti e quanti di questi siano controlli periodici su alcune fasce della popolazione" scrivono.  

Perplessità anche sull'indice Rt: parla l'esperto

Le perplessità permangono, anzi aumentano, se ci si alza di livello: la raccolta dei dati nazionali notoriamente mostra il fianco a disparità regionali. Già nella prima ondata si era visto come le comunicazioni da parte del Trentino sui decessi siano state corrette "in corso d'opera". Ora l'indice Rt è considerato l'indicatore più importante per avere un quadro affidabile della situazione, ma anch'esso non è immune da errori dovuti proprio alla comunicazione dei dati da parte delle regioni. A sollevare la polemica è il fisico-matematico Alessandro Vespignani, docente alla Northeastern University di Boston, in un'intervista a Repubblica. 

L' indice Rt è, in sintesi, il numero medio delle infezioni prodotte da ciascun individuo infetto dopo l’applicazione delle misure di contenimento della pandemia di Covid 19. Come spiegato anche dal ministero della Salute, questo indice permette di valutare l’efficacia nel tempo delle contromisure adottate per limitare la diffusione del coronavirus. "Dall'inizio dell'epidemia - afferma Vespignani - abbiamo a che fare con dati che lasciano a desiderare. L'indice Rt in Italia, riflette il ritardo fra contagio e notifica dei casi e non sempre raggiunge la granularità territoriale che sarebbe necessaria. Perché le grandi città sono una cosa, le aree rurali un'altra. Inoltre conta solo i sintomatici, per ragioni tecniche: c'è bisogno di indicare la data di insorgenza dei sintomi. E se i risultati dei tamponi arrivano in ritardo, diventa un indicatore poco tempestivo". 

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