"Dopo l'approvazione dello statuto non ho ragioni per proseguire il mandato di presidente. Mi sono associato ad ADI nel 2002, quando sedevano due dottorandi in cda. Oggi vi è un solo rappresentante. A fine 2012 non ce ne sarò più nemmeno uno e né loro, né assegnisti e ricercatori a tempo determinato (tipo A) avranno voce. Le categorie di cui l'associazione si è sempre fatta portavoce saranno assenti anche dal senato accademico. Ho sbagliato, perché ho ritenuto che non potesse succedere quello che è successo. Mai avrei immaginato di dovermi imbarazzare per uno statuto che è forse il peggiore d'Italia con riguardo a dottorandi e giovani ricercatori".
Queste parole assai amare sono state scritte da Alexander Schuster, ormai ex presidente dell'Associazione dottorandi e dottori di ricerca italiani. Schuster, infatti, si è ufficialmente dimesso dal suo incarico. Dimissioni irrevocabili, che seguono quelle di
Alessandro d'Amico, il rappresentante degli studenti in Cda che si è dimesso subito dopo l'approvazione dello statuto.
Scrive l'ex presidente di Adi: "Ho ritenuto che non fosse necessario scendere in trincea e combattere a suon di petizioni e firme. Ho giudicato non far parte dello stile dell'ADI concedersi ad accostamenti delle bozze proposte con regimi sudamericani e dittature iraniane, come pure è accaduto. Ho pensato che l'importanza di valorizzare il merito e i giovani ricercatori, anche i non strutturati, parlasse da sé, senza bisogno di essere urlata e sostenuta con alleanze di parte con la Provincia o con i professori ordinari. Oggi, con davanti agli occhi questo statuto approvato definitivamente dagli organi dell'Ateneo, è certo che ho sbagliato. L'ADI avrebbe dovuto conformarsi ai costumi in auge, parlare più per tramite della stampa che con audizioni e interventi nelle sedi opportune. Poiché, tuttavia, non è questo lo stile che ho scelto quando due anni fa ho accettato di assumere la carica di presidente, la scelta più opportuna è quella di dimettermi in maniera irrevocabile".