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Cronaca Gardolo / Via Bolzano, 48

Prosegue la battaglia contro lo sfratto della famiglia Ben Sassi

Gli attivisti interpellano la Provincia: “Questo non è un caso isolato, servono politiche che garantiscano il diritto all’abitare”

I militanti del centro sociale Bruno, dell’assemblea contro il carovita e dell’assemblea antirazzista di Trento non si arrendono e proseguono la battaglia per bloccare lo sfratto della famiglia Ben Sassi in via Bolzano 48, a Gardolo: padre, madre, una bambina di 7 anni e un bambino di 1 anno e mezzo con una grave invalidità.

Ieri mattina, mercoledì 15 giugno, sono riusciti a fermare l’ufficiale giudiziario incaricato dello sfratto esecutivo. Il prossimo presidio è già in programma per venerdì 24 giugno, dalle ore 8, sempre sotto l’abitazione della famiglia Ben Sassi.

La vicenda: dal pagamento delle spese condominiali allo sfratto

La famiglia Ben Sassi è composta da quattro membri: il padre Lofti Ben Sassi, la madre Sameh Ben Kahlifa, una bambina di 7 anni e un bambino di 1 anno e mezzo, certificato invalido civile al terzo grado.

Il nucleo è sotto sfratto esecutivo a Gardolo per non essere riuscito a pagare in tempo due rate delle spese condominiali risalenti all’autunno 2021 dell’importo complessivo di 1.050 euro. Grazie a una clausola inserita nel contratto d’affitto, il padrone di casa ha potuto avviare un’ingiunzione nei confronti della famiglia.

Nonostante l'appello pubblico del signor Lotfi Ben Sassi e la possibilità di pagare l'affitto mensile, il proprietario ha deciso di proseguire con l'iter dello sfratto. Il suo obiettivo - affermano gli attivisti - sarebbe infatti quello di reimmettere l’immobile sul mercato a un canone più alto.

La famiglia ha provato a cercare un’alternativa, ma si è scontrata con le difficoltà legate all’assenza di un contratto di lavoro a tempo indeterminato. “Una storia emblematica - affermano dal centro sociale Bruno -: questo è ciò che sta accadendo a molte famiglie di origine straniera che per effetto prima della crisi pandemica e poi del caro bollette si sono ritrovate in difficoltà economica e in ritardo nei pagamenti”.

Lotfi Ben Sassi si è trovato da un giorno all'altro con l'orario di lavoro unilateralmente ridotto del 70 per cento. È riuscito a trovare un nuovo lavoro che ora gli permette di pagare con regolarità affitto e bollette, ma ciò non è bastato a fermare lo sfratto. L’obiettivo ora è guadagnare tempo: permettere alla famiglia di rimanere nell’appartamento fino a fine anno e trovare nel mentre un nuovo alloggio.

“Questo - concludono gli attivisti dei presidi antisfratto rivolgendosi alle istituzioni provinciali - non è un caso isolato, ma la conseguenza dell’assenza di interventi strutturali sul problema casa. Serve un fondo provinciale per le morosità, investimenti per aumentare il numero delle case popolari Itea, un aumento della tassazione sugli appartamenti sfitti dei palazzinari. Non bonus una tantum per i nuovi poveri ma politiche che garantiscano effettivamente il diritto all’abitare”.

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