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Cronaca

Sara Pedri, testimonianze shock e l'appello al ministro Speranza

L'avvocato Gentile: "Noi non abbiamo fiducia, noi non vogliamo interloquire con la commissione interna, daremo il nostro contributo se necessario, ma chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati non ha più senso. È con la magistratura che noi vogliamo avere un rapporto diretto"

Il vaso di Pandora è stato aperto, a portarlo tra le mani e ad alzare quel coperchio è stata Sara Pedri, la giovane ginecologa di Forlì scomparsa da Cles il 4 marzo. Giorno dopo giorno emergono sempre più dettagli attorno alla storia di questa giovane  professionista arrivata all'ospedale di Trento per continuare la sua carriera con una nuova tappa di un percorso brillante che l'ha vista specializzarsi a Catanzaro, dove ha lasciato il segno nel cuore di molti sia come collega, sia come amica. Il trasferimento in Trentino sarebbe dovuto essere un passo in avanti per la sua carriera, ma qualcosa non è andato. Sara a inizio marzo ha rassegnato le dimissioni e poi è scomparsa. Piccole ma forti tracce sono state lasciate su questo cammino: messaggi alla sorella Emanuela Pedri, racconti alle amiche ed ex colleghe, segni tangibili di un "cambiamento fisico". 

La sua storia ha fatto e sta facendo parecchio rumore. Tra ricerche e indagini della Procura di Trento e delle forze dell'ordine, ci sono anche i tanti articoli, i servizi giornalistici che tengono bene in vista il suo nome e la sua memoria. La giornalista Federica Sciarelli, conduttrice di Chi L'Ha Visto?, ne ha parlato anche durante l'ultima puntata, quella di mercoledì 30 giugno, dove erano ospiti la sorella di Sara, Emanuela, con il marito Mirco Gentilini. Nel servizio di Veronica Griggi e Valentina Pellegrino si alternano le interviste ad ex colleghe o a professionisti che hanno lavorato nello stesso reparto e anche con lei, ci sono foto, audio e video di Sara, oltre alle parole dell'avvocato di famiglia, Nicodemo Gentile. 

Le ricerche di Sara Pedri

Portare alla luce la storia di Sara, per molti ormai, è diventata una missione e non solo per lei, ma anche per aiutare, come detto da Sciarelli: "Altre Sara che ora vogliono e possono raccontare il loro malcontento". A tre settimane dal ritrovamento dell'auto della giovane a Mostizzolo e del suo telefono sul sedile, sono iniziate a emergere verità forti, a tratti anche inimmaginabili. Sara ha sempre raccontato alla famiglia e ad alcuni amici quanto stesse accadendo. Lo ha fatto con Michela Della Ducata, una biologa e amica in contatto con lei fino all'ultimo, fino a poco prima di sparire. "Mi ha raccontato di essere stata allontanata da una sala operatoria - racconta Della Ducata -, durante un cesareo, se non sbaglio, una collega più anziana le ha dato un colpo su una mano mentre operava. A indicare, insomma, che non le piaceva come stava facendo le cose, ecco. Questo lei me l'ha raccontato come un qualcosa che l'ha quasi disonorata".

Eppure, a Catanzaro era molto apprezzata. La ricordano bene le ex colleghe che hanno aperto l'intervista dicendo che: "Sara da qua non se ne andrà mai, perché questo è il posto in cui è stata più felice e sicuramente più soddisfatta professionalmente". Una giovane donna allegra, piena di energia e innamorata. Tutte le persone che la circondavano e le volevano bene ora vogliono capire cosa sia accaduto. È difficile per gli amici credere che una persona come lei: "esplosiva, con un carattere meraviglioso, empatica, dinamica" e che godeva di tanta stima, possa aver subito qualcosa di tanto pesante da consumarla da portarla a un punto di non ritorno. A febbraio, Sara, era tornata a casa qualche giorno, dimagrita, con l’orticaria, si mangiava le unghie. "Aveva questo tremore, faceva dei gesti" aveva raccontato a inizio giugno Emanuela. "Si abbracciava lo stomaco, si allontanava il colletto spesso perché le dava fastidio. Sentiva pesante tutto ciò che indossava dagli occhiali, agli orecchini, alle collane, agli anelli".

Una pesantezza avvertita e raccontata ai microfoni di Chi L'Ha Visto? anche da altre persone che hanno lavorato in quella struttura. "Il momento della nascita è gioia e questo, secondo me, era quello che ti faceva andare avanti a lavorare e tutto il resto no" racconta un'ostetrica. "Ogni volta che io andavo a lavorare pregavo Dio di fare un incidente e rompermi le gambe o rimanere paralizzata e rimanere a casa per sempre” racconta un'altra professionistaE poi turni di lavoro definiti lunghi e pesanti, dei quali aveva parlato anche Sara, nei suoi messaggi: "questi ritmi mi uccideranno", "sono sacrifici, verremo ripagati!".

Eppure, Sara era abituata a lavorare molto, lo ricordano gli ex colleghi. Non è mai stato un problema lavorare ore in più, fermarsi in ospedale. La ricordano tutti come una giovane professionista preparata e le sue ex colleghe hanno anche sottolineato che: "Nessuno l'ha mai fatta sentire inadeguata, perché non lo era, non lo è mai stata, Sara era brillante". Qualcosa, però, ha spento quella luce ed è per questo che la battaglia per la verità si sta facendo imponente. Tante le persone che hanno trovato il coraggio di parlare, di raccontare. 

Raccontare cosa abbia portato Sara a dimettersi il 3 marzo e poi a sparire, nonostante il giorno prima avesse scritto al fidanzato Guglielmo "ci vediamo presto amore", così come alla sua famiglia. E raccontare anche altre storie, come la sua. "Questa situazione esclusiva - ha detto Nicodemo Gentile, legale della famiglia Pedri, a Chi L'Ha Visto? -, che si viveva in questo ambiente di lavoro, sicuramente era preesistente all'arrivo di Sara. Molti sapevano, molti conoscevano queste vicende ma si sono girati dall'altra parte". L'ospedale ha aperto una commissione di indagine interna, ha mandato un’e-mail a tutti i dipendenti, invitandoli a denunciare episodi anomali. Al momento non ci sarebbero indagati, ma le testimonianze sarebbero sempre di più, i dettagli pure. "Siccome è una vicenda pesante che ha riguardato e che riguarda il reparto, abbiamo intenzione di approfondire ulteriormente" aveva affermato durante una conferenza stampa il direttore sanitario e responsabile del Dipartimento di Prevenzione dell'Apss, Antonio Ferro. E procedono gli approfondimenti, le indagini. 

"Noi non abbiamo fiducia - ha sottolineato Gentile -, noi non vogliamo interloquire con la commissione interna, daremo il nostro contributo se necessario, ma chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati non ha più senso. È con la magistratura che noi vogliamo avere un rapporto diretto". E ancora: "Sara non ha retto perché era una ragazza pulita. Perché era una ragazza trasparente, romantica e ha affrontato un mondo difficile, complesso. Un ambiente avvelenato, senza scudo". 

Tutto l'amore e la stima che circondavano quella giovane donna piena di vita e amante del bello, ora si è trasformata in energia pura e desiderio di arrivare a fondo di questa storia. "È una battaglia che vogliamo combattere per Sara - ha detto ancora l'avvocato Gentile a Sciarelli -, per onorare la sua memoria, per tutte le Sara di Italia che vivono questa bestia feroce che è il mobbing sul posto di lavoro. Il burn out, lo stress e tutte le sue derivazioni".

Un buon sostegno, in questa battaglia, arriva anche da amici ed ex colleghi. "Noi siamo medici, siamo colleghi, nessuno meglio di noi sa che cosa significhi finire sui giornali per accuse ingiuste - precisa ai microfoni di Chi L'Ha Visto? un'ex collega e amica di Sara -. Non c'è nessun accanimento da parte nostra, però crediamo che questa cosa non possa essere successa invano". E poi l'appello al ministro Roberto Speranza, definito da una dottoressa "un giovane tra noi giovani". A lui è stato pubblicamente chiesto di mettere un "occhio esterno super partes (sulla struttura ndr) per capire cosa sia successo". 

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