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Cronaca Rovereto / Corso Bettini

Quirico a Rovereto: "In Siria una guerra che comanda se stessa"

"Una guerra interminabile, un trattato è impensabile quando si parla di purezza e impurità, è la morte della diplomazia" così il giornalista all'ultima Lezione di Storia al Teatro Zandonai

"Quello ad Aleppo non è un assedio, la guerra è entrata nella città e se ne è impadronita". Parla di una "mutazione antropologica" dei siriani presi nella morsa di una guerra che dura da 6 anni e che non sembra destinata a finire, Domenico Quirico, l'inviato e La Stampa nell'inferno siriano, che ha parlato al Teatro Zandonai di Rovereto  per l'ultimo appuntamento di Lezioni di Storia. E sono proprio le categorie della Storia, quelle con cui il giornalista analizza e racconta ciò che sta succedendo in Medio Oriente, o meglio nel "Vicino Oriente", come llo chiama, perchè in fondo "è  il nostro Mondo".

L'analisi della parola 'califfato', ovvero uno stato islamico dove potere temporale e spirituale coincidono, fa da sfondo ad una narrazione intrisa di sofferenza: "ad Aleppo i bambini hanno sviluppato un udito particolare che permette loro di capire dove sono gli elicotteri, le persone camminano chine, da una maceria all'altra, ogni giorno da sei anni - racconta Quirico - non c'è più nessuno che comanda questa guerra, è la morte della diplomazia, un trattato è impossibile perchè una delle due parti non può trattare, ragiona in terminidi puro e impuro, e ciò che è impuro va elimitato".

"Non è la prima volta che accade, la Guerra dei Trent'anni nacque come conflitto tra cattolici e riformati in Boemia, poi cambiò forma, direzione, a chi l'ha vissuta dev'essere sembrata interminabile. E' così oggi in Siria - spiega Quirico - le frontiere tracciate dall'Occidente non saranno mai più ristabilite, il messaggio che viene proposto a milioni di musulmani in tutto il mondo è un ritorno all'epoca d'oro: in Occidente il tempo storico è il presente, ed ancor più il futuro, in Medio Oriente il presente è umiliazione, sconfitta, il passato è visto con lenti metastoriche, è uno slogan". 

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