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Cronaca Gardolo / Via Bolzano, 48

Bloccato di nuovo lo sfratto della famiglia Ben Sassi

Gli attivisti sono riusciti a difendere il nucleo in via Bolzano 48 sotto sfratto nonostante un bambino invalido

Per la seconda volta gli attivisti del centro sociale bruno, dell’assemblea antirazzista e dell’assemblea contro il carovita sono riusciti a impedire lo sfratto della famiglia Ben Sassi. Dalle 8 di oggi, venerdì 24 giugno, si sono piazzati in via Bolzano 48 denunciando la decisione del proprietario Fausto Viola di cacciare una famiglia con due bambini piccoli (di cui uno invalido) per non essere riuscito a pagare in tempo due rate delle spese condominiali risalenti all’autunno 2021.

L'ufficiale giudiziario, scortata da carabinieri, Digos e polizia, si è presentata questa mattina prima delle 8 per procedere con lo sfratto. Ma gli attivisti sono riusciti a ottenere un'ulteriore proroga, posticipando l'esecuzione del provvedimento al prossimo 3 ottobre.

“Il Comune di Trento - accusano gli attivisti del centro sociale Bruno - ha scelto ancora una volta di trincerarsi dietro al silenzio e alle consuete non soluzioni, proponendo alla famiglia di dividere il nucleo: madre e figli in comunità, padre per strada: un ricatto inaccettabile”.

La vicenda: dal pagamento delle spese condominiali allo sfratto

La famiglia Ben Sassi è composta da quattro membri: il padre Lofti Ben Sassi, la madre Sameh Ben Kahlifa, una bambina di 7 anni e un bambino di 1 anno e mezzo, certificato invalido civile al terzo grado.

Il nucleo è sotto sfratto esecutivo a Gardolo per non essere riuscito a pagare in tempo due rate delle spese condominiali risalenti all’autunno 2021 dell’importo complessivo di 1.050 euro. Grazie a una clausola inserita nel contratto d’affitto, il padrone di casa ha potuto avviare un’ingiunzione nei confronti della famiglia.

Nonostante l'appello pubblico del signor Lotfi Ben Sassi e la possibilità di pagare l'affitto mensile, il proprietario ha deciso di proseguire con l'iter dello sfratto. Il suo obiettivo - affermano gli attivisti - sarebbe infatti quello di reimmettere l’immobile sul mercato a un canone più alto.

La famiglia ha provato a cercare un’alternativa, ma si è scontrata con le difficoltà legate all’assenza di un contratto di lavoro a tempo indeterminato. “Una storia emblematica - affermano dal centro sociale Bruno -: questo è ciò che sta accadendo a molte famiglie di origine straniera che per effetto prima della crisi pandemica e poi del caro bollette si sono ritrovate in difficoltà economica e in ritardo nei pagamenti”.

Lotfi Ben Sassi si è trovato da un giorno all'altro con l'orario di lavoro unilateralmente ridotto del 70 per cento. È riuscito a trovare un nuovo lavoro che ora gli permette di pagare con regolarità affitto e bollette, ma ciò non è bastato a fermare lo sfratto. L’obiettivo ora è guadagnare tempo: permettere alla famiglia di rimanere nell’appartamento fino a fine anno e trovare nel mentre un nuovo alloggio.

“Questo - concludono gli attivisti dei presidi antisfratto rivolgendosi alle istituzioni provinciali - non è un caso isolato, ma la conseguenza dell’assenza di interventi strutturali sul problema casa. Serve un fondo provinciale per le morosità, investimenti per aumentare il numero delle case popolari Itea, un aumento della tassazione sugli appartamenti sfitti dei palazzinari. Non bonus una tantum per i nuovi poveri ma politiche che garantiscano effettivamente il diritto all’abitare”.

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