'Ndrangheta, indagati due professionisti trentini
Sulla carta erano i proprietari di una società che gestiva due centrali idroelettriche in Romania, dietro c'era un uomo della cosca Iamonte
Sulla carta erano i legittimi proprietari di una società trentina che gestiva in Romania due centrali idroelettriche in grado di generare redditi per due milioni di euro all’anno. Ma nella pratica coprivano il reale proprietario di quella società, un uomo legato alla potente cosca di ’ndrangheta degli Iamonte. La stessa che - è l’accusa del processo Perfido in corso a Trento - era già riuscita a mettere le mani sul settore del porfido in val di Cembra.
È quanto emerge dall’operazione “Black fog” condotta dal nucleo di polizia economico finanziaria di Bologna che oggi, martedì 28 giugno, ha visto una cinquantina di finanzieri del comando bolognese e dei reparti di Trento, Milano e Reggio Calabria, eseguire arresti e sequestri sul territorio nazionale e all’estero (Romania, Bulgaria e Svizzera) per i reati di trasferimento fraudolento di valori (ovvero l’attribuzione fittizia a terzi della titolarità di denaro o beni per eludere i controlli o commettere reati) e di intestazione fittizia aggravata dal metodo mafioso.
Quattro le persone indagate: il faccendiere ora agli arresti domiciliari in provincia di Bergamo con cui si sono interfacciati i due trentini, i due professionisti locali che hanno accettato i soldi in cambio dell’intestazione fittizia e un potente uomo della ’ndrangheta, già condannato in primo grado a otto anni.
È proprio da questo soggetto, arrestato nel 2018 nell’ambito dell’operazione “Nebbia calabra”, che è partita l’indagine che ha coinvolto anche il Trentino. “Quando lo arrestiamo alle 4 di mattina del primo novembre 2018 - racconta a TrentoToday il tenente colonnello della guardia di finanza Enrico Mancini -, si fa trovare in mutande con un cellulare in mano. Durante la perquisizione gli investigatori controllano le lenzuola del letto sfatto e trovano un altro cellulare. È stato lì che ci si è aperto il mondo di tutti i soldi che quest’uomo gestiva all’estero e di cui nella precedente indagine non c’era traccia”.
Scatta così “Black fog”, con intercettazioni e indagini eseguite tra il 2019 e il 2021, e il quadro si completa. Si scopre che l’uomo - definito da alcuni collaboratori di giustizia un “santista”, ovvero uno che nella gerarchia ’ndranghetista è autorizzato a interfacciarsi con politici, imprenditori, pubblici amministratori, massoni - è il proprietario occulto delle due centrali rumene, ha conti in banche svizzere (fra cui 1,6 milioni di dollari poi spostati su un conto di San Marino), immobili di pregio in Bulgaria e investimenti in titoli Usa per 15 milioni di euro. Investimenti resi possibili - affermano oggi i finanzieri - proprio grazie “alla connivenza e al supporto di numerosi colletti bianchi legati al mondo della finanza e dell’imprenditoria operanti nel nord est Italia”.
“I due professionisti trentini hanno accettato di mantenere l’intestazione fittizia della società in cambio dei soldi messi dal nostro faccendiere per l’investimento in Romania”, spiega Mancini. Il capitale sociale dell’azienda è stato oggi sequestrato, assieme al saldo di due conti esteri (uno rumeno e uno svizzero), alle quote societarie di due imprese rumene, a tre conti correnti e due beni immobili a Sofia, in Bulgaria.
L’esecuzione delle misure è avvenuta in più Stati dell’Unione europea grazie al coordinamento dell’organismo di cooperazione giudiziaria internazionale Eurojust, il cui intervento ha consentito all’autorità giudiziaria bolognese di operare in stretta sinergia con i colleghi all’estero. Fondamentali anche le informazioni fornite dalle Financial intelligence unit estere, autorità nazionali indipendenti con funzioni di contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo.