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Cronaca Piazza Dante

Olimpiadi invernali nelle Alpi: insostenibili

Lo afferma l'autorevole osservatorio sulle alpi Cipra, ripercorrendo la storia delle candidature di Monaco, St. Moritz, Salisburgo e dell'avventura olimpica, finita male, di Torino 2006. Mentre parte il conto alla rovescia per i giochi invernali di Sochi anche per il Trentino, dopo l'esperienza delle Universiadi, si è parlato di una candidatura per il 2026. E' solo marketing?

Mentre parte il conto alla rovescia per le Olimpiadi invernali di Sochi anche in Trentino, dopo l'esperienza delle Universiadi, si è parlato di una possibile candidatura per ospitare i giochi olimpici del 2026. Un azzardo forse, a scopo, pubblicitario, ma cosa succederebbe se la candidatura fosse portata avanti seriamente? A fare i "conti in tasca" alle precedenti edizioni e candidature olimpiche nelle città delle Alpi è il l'organizzazione non governativa Cipra , Commissione Internazionale per la protezione delle Alpi nata nel 1952, che sfodera un pollice verso affermando perentoriamente che "allo stato attuale, i Giochi Olimpici Invernali sono pressochè irrealizzabili nelle Alpi".

L'affermazione è supportata da casi come la candidatura del cantone elvetico dei Grigioni per il 2022 bocciata da una consultazione popolare, che per la legge cantonale è vincolante, alla quale ha votato, lo scorso 3 marzo, il 53% dei girgionesi. La stessa cosa è avvenuta anche nel novembre scorso a Monaco e nelle località sciistiche bavaresi, i cui abitanti sono stati chiamati ad esprimersi sulla candidatura olimpica sempre per il 2022: bocciata anche in questo caso dalla maggioranza dei votanti. Salisburgò ci provò nel 2006, quando i giochi vennero assegnati a Torino, e di nuovo per il 2014, in questo caso venne scartata dal CIO che scelse appunto una città più "autorevole" come Sochi che avrebbe attirato gli investitori russi. 

"Il contratto con il CIO, una volta vinta la candidatura, è una specie di contratto-capestro, con procedure opache e non democratiche" aferma il Cipra "con l’Host City Contract il CIO priva i comuni di ogni autodeterminazione. Non vi è alcun impegno vincolante, da parte del CIO, che il programma di fondo eventualmente sottoposto a referendum non venga successivamente modificato. Nell’Host City Contract, che conta più di 60 pagine, al tema ambiente e sostenibilità sono dedicate appena otto righe". E' anche per questo che nei casi di consultazione popolare i cittadini hanno preferito non addentrarsi nell'avventura olimpica, regolata da un contratto che non lascia spazio alle scelte locali ma che impone standard arbitrari per le strutture sportive e ricettive con conseguenze insostenibili sui costi di realizzazione. 

Le argomentazioni in base alle quali la popolazione ha espresso contrarietà al megaevento sono di natura economica ed ambientale. Nel caso dei Grigioni il CIO avrebbe chiesto, qualora il cantone si fosse aggiudicato le Olimpiadi, un impegno di 4,2 miliardi di franchi. A conti fatti a trarne vantaggio sarebbe stata unaminoranza elitaria a fronte di una spesa, in grande parte pubblica, giudicata "sproporzionata" dalla maggioranza degli abitanti. Basta ricordare il caso di Torino 2006 dove l'impegno di spesa fu di 1,4 miliardi per lo Stato, 200 milioni per il Comune e di 300 milioni dal finanziamento privato, e dove impianti come la pista da bob il Val Chiosone, costato 60 milioni di euro, o il trampolino da 35 milioni di euro, non sono stati più utilizzati da allora e si pensa ora allo smantellamento a causa di altissimi costi di gestione. 

"Il contratto con il Cio, una volta vinta la candidatura, è un contratto-capestro, con procedure opache e antidemocratiche" afferma il Cipra 

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