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Cronaca

Le donne sono più istruite ma i posti di vertice vanno agli uomini

Il livello di scolarizzazione delle donne è più elevato ma persiste il fenomeno del "tetto di cristallo" perché rispetto agli uomini ricorpono minori posizioni dirigenziali e "di comando" in tutti gli enti pubblici

Il livello di scolarizzazione delle donne è più elevato ma nonostante ciò persiste il fenomeno del "tetto di cristallo" perché al loro titolo di studio superiore a quello degli uomini corrispondono minori posizioni dirigenziali e "di comando" in tutti gli enti pubblici. In altri termini, più è alto il grado gerarchico, meno donne si trovano.  Emerge dall' "Indagine conoscitiva" dedicata al tema "Promozione di interventi volti alla valorizzazione del lavoro femminile e alla conciliazione famiglia-lavoro". La ricerca risponde alla mozione 135 approvata un anno fa dall'assemblea legislativa su proposta di Margherita Cogo e Sara Ferrari del Pd. Ad illustrare l'indagine Barbara Poggio, ricercatrice della facoltà di sociologia dell'Università di Trento, con cui hanno collaborato anche Martina Bazzoli e Francesco Miele. 

Al qustionario necessario alla realizzazione dell'indagine hanno risposto al questionario 170 dei 217 Comuni interpellati, 15 comunità di valle, la Provincia e 26 dei 29 enti strumentali contattati, infine all'Università. Il tasso di occupazione femminile in Trentino è al di sopra della media italiana e in linea con i dati del nord Italia, ma più basso che in provincia di Bolzano. "L'incidenza delle imprese femminili in provincia di Trento alla fine del 2012 era pari al 19,8%, dato inferiore alla media nazionale del 23,4% e a quella europea del 33%". Ancora: "La percentuale complessiva di donne presenti nei diversi enti considerati pari al 50,2%". C'è più presenza di lavoro femminile nelle Comunità di valle (3 dipendenti su 4 sono donne), mentre è più bassa negli enti strumentali e nell'Università. Inoltre la presenza femminile è maggiore nelle fasce di età centrali e si registra una tendenza alla "femminilizzazione del pubblico".

Part-time e conciliazione lavoro-famiglia: sfida aperta.

Il Trentino appare come un territorio amico delle famiglie, ricco di normative e iniziative di supporto alla conciliazione (es. Family Audit). In realtà nell'organizzazione del lavoro, la modalità prevalentemente adottata per rispondere alle esigenze della famiglia è il part-time orizzontale (presente nel 70% dei casi) utilizzato dalle donne. Poco presenti sono altri strumenti quali ad esempio la flessibilità oraria in entrata e uscita e spaziale (telelavoro, banca delle ore, orari personalizzati sulla base di esigenze individuali). Scarsi e distribuiti in modo disomogeneo sul territorio risultano anche i servizi alla genitorialità come i nidi aziendali (con l'eccezione dell'Università), le tagesmutter, mentre totalmente assenti sono i Baby parking (punti gioco per i figli dei dipendenti) e pochissimi i campi estive o le attività estive sempre per i figli dei dipendenti. Quanto alle iniziative family friendly (come servizi di lavanderia, di preparazione pasti, di assistenza a familiari anziani o non autosufficienti, sportello informativo sulla conciliazione, attivati direttamente dall'ente in cui si lavora o in convenzione con altre strutture), la domanda posta da Poggio è "chi le ha viste?" perché per lo più non sono presenti nell'ambito di Comuni, comunità, Provincia e enti strumentali. Mancano quasi totalmente nei luoghi di lavoro organismi e referenti per le pari opportunità uomo-donna (Comitato unico di garanzia) e sono rare nelle varie organizzazioni le azioni intraprese per attuare questo principio.

I servizi.

Poggio ha evidenziato che "il Trentino presenta livelli di copertura e di qualità dei servizi più elevati rispetto alle medie nazionali. Nell'ambito dei servizi per la prima infanzia nel 2011 presentava un tasso di copertura (pubblica) pari al 21,9%, ben al di sopra della media italiana del 14,9%. Sulla base della legge provinciale 12 marzo 2002 la Provincia Autonoma di Trento considera il nido di infanzia un diritto per tutte le bambine e i bambini. Tuttavia la realtà è ancora lontana dal principio. La distribuzione sul territorio risulta piuttosto disomogenea, con aree molto coperte (soprattutto quelle urbane) e altre meno. Questo vale sia per i nidi che per altre tipologie di offerta (tagesmutter e micro-nidi privati). La crisi riduce l'utilizzo di questi servizi, causando un aumento dei ritiri e la riduzione delle liste di attesa, per cui questa scelta educativa tende a non essere più diffusa. Dai dati raccolti nell'Indagine appare chiaro che gli asili nido nella nostra provincia sono una presenza "a macchia di leopardo", più concentrati nelle aree urbane e rari nelle valli, mentre c'è più disponibilità di tagesmutter e micronidi privati nelle comunità. Altra questione di questi servizi: le tariffe, che variano di zona in zona. La differenziazione dei costi in una fase di crisi come questa per le famiglie è un problema. Per un full time in un nido comunale si va da un massimo di 496 euro dell'Alto Garda e Ledro ai 296 euro delle Giudicarie. Per le tagesmutter il costo orario va dagli 8 euro della Valle dei Laghi ai 3,4 di Valsugana e Tesino in Valsugana. Le scuole dell'infanzia, invece, garantiscono in Trentino la piena copertura del territorio, mentre tra i servizi di cura integrativi per l'infanzia presenti nei territori comunali spiccano i campeggi e le colonie estive organizzati oltre che dall'amministrazione locale anche da privati, associazioni e parrocchie. Attivate pochissimo sono, infine, altre iniziative per favorire l'occupazione femminile sul territorio come lo sportello informativo per la conciliazione, percorsi formativi, contributi per l'utilizzo di servizi di cura, albi di baby sitter, campagne mediatiche ed eventi pubblici. Alla domanda rivolta a Comuni, Comunità di valle, circa gli interventi che questi enti riterrebbero utili per favorire l'occupazione femminile, la risposta prevalente è: "incrementare le iniziative per la conciliazione tra la vita lavorativa e familiare".

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