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Cronaca Centro storico / Via Tommaso Gar

Mense universitarie, assegno di solidarietà per 53 lavoratori. Sindacati: "Paradossale"

Mense e bar dell'Opera Universitaria aperti tutto l'anno, il lavoro non mancherebbe ma paradossalmente è scattao il ricorso agli ammortizzatori sociali

Ricorso agli ammortizzatori sociali per i 53 lavoratori delle cinque mense e dei tre bar dell'Opera universitaria, gestite dalla Sma Ristorazione Srl. Nelle scorse settimane Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs hanno sottoscritto un accordo per l'ottenimento dell'assegno di solidarietà che servirà a coprire le ore di sospensione lavorativa, necessarie per sopperire all'esubero di ore contrattuali.

Una firma arrivata dopo una trattativa lunga e faticosa e che i sindacati hanno voluto vincolare ad un accordo su anticipazione ferie, permessi e banca ore per garantire maggiori tutele ai lavoratori. “Abbiamo firmato e messo tutti i paletti possibili per garantire il reddito dei dipendenti e il loro posto di lavoro – spiegano Francesca Delai della Filcams, Fabio Bertolissi della Fisascat Cisl e Dino D'Onofrio della Uiltucs -. Purtroppo abbiamo di fronte una realtà poco seria, che usa gli ammortizzatori sociali per coprire le proprie inefficienze gestionali e organizzative, facendo pesare tutto sulle spalle dei lavoratori e della collettività”. La Sma ristorazione, denunciano le tre sigle sindacali, ha un cronico esubero di ore contrattuali per attivare procedure di mobilità, minacciando anche licenziamenti.

I sindacati dennunciano anche l'inerzia dell'Opera universitaria, ente istituzionale della Provincia. “L'Opera impone che le mense e i bar universitari debbano restare aperti tutto l'anno per offrire così un servizio continuo e di qualità, ma non si preoccupa di controllare che questa offerta si attui garantendo l'occupazione e la retribuzione ai lavoratori. Ad oggi non abbiamo ottenuto nessuna risposta. Anzi: l'Opera Universitaria corre in soccorso alle esigenze della società appaltatrice con un’ulteriore forma di sostegno denominata “pasto lesto”, sostenendone i maggior costi rispetto al valore dell’appalto. Paradossale che in una grande e pluripremiata università come l'Ateneo di Trento possano esistere queste storture”.

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