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Cronaca

Frode fiscale da 12 milioni di euro nell'edilizia altoatesina

Gli operai edili erano stati reclutati come prestanome: figuravano come amministratori di società di cui sapevano poco o nulla

I militari della guardia di finanza del gruppo di Bolzano hanno denunciato 11 persone per una frode fiscale da 12 milioni di euro nell’edilizia altoatesina. Al centro dell’indagine sono finite 16 società operanti nel settore. Dietro c’erano tre costruttori residenti in Alto Adige che gestivano di fatto le 16 società.

L’inchiesta è iniziata quando, durante una normale verifica fiscale, i finanzieri hanno notato la presenza di fatture, anche d’importi molto elevati, prive di qualsiasi riferimento a operazioni realmente esistenti, a cantieri in corso o a lavori svolti. I successivi approfondimenti hanno consentito di scoperchiare il vaso di pandora.

I trucchetti per frodare il Fisco erano i più fantasiosi: in primis, il classico sistema delle false fatturazioni emesse tra alcune delle società e utilizzato per addossare alle imprese riceventi costi che le stesse non avevano mai sostenuto, con conseguente abbassamento del loro utile e risparmio delle imposte.

Un altro stratagemma era quello dello storno di fatture. In sostanza, una società emetteva fattura nei confronti di un’altra senza indicare Iva a debito (situazione possibile nel comparto edilizio in presenza di determinati regimi contabili). La società ricevente (anche in questo caso complice) non provvedeva al pagamento in quanto la fattura veniva immediatamente stornata, come se si trattasse di un errore contabile. In apparenza tutto regolare se non fosse che, nella fattura di storno, veniva indicata anche un’Iva a credito, pur in assenza di un precedente addebito.

I trucchetti utilizzati hanno permesso alle società di accumulare ingenti crediti Iva, che, al pari di denaro liquido, venivano utilizzati in compensazione per pagare altre imposte, ritenute o contributi dei dipendenti.

Poiché l’obiettivo prioritario era quello di ridurre al minimo il pagamento delle imposte (arrivando a versare poco o nulla all’erario), quando non erano sufficienti i falsi crediti Iva, i tre costruttori intervenivano aumentando a dismisura il credito connesso al cosiddetto bonus Renzi fingendo così di riconoscere i famosi 80 euro a un numero spropositato di lavoratori, di gran lunga superiore ai dipendenti realmente impiegati.

L’indagine ha portato i militari a eseguire perquisizioni in varie regioni italiane: le società, sebbene gestite da Bolzano, avevano sedi formali anche a Milano, Bologna e Roma. Sono stati spulciati migliaia di documenti e analizzati i conti correnti bancari di tutte le società e persone fisiche coinvolte. I militari si sono inoltre serviti di tecniche d’intercettazione.

Svelata la frode e constatata un’evasione alle imposte sui redditi e all’Iva pari a 11,9 milioni di euro, l’impegno delle Fiamme gialle si è concentrato sulla ricerca delle ricchezze illecitamente accumulate, arrivando a scoprire che i tre imprenditori edili avevano reinvestito parte dei proventi illeciti (oltre 2,7 milioni di euro) in edifici di pregio intestati a società dagli stessi gestite (ora tutti sotto sequestro). Gli immobili sono ubicati in zone prestigiose di Bolzano, del meranese e di Appiano. Proprio nello scenario della Strada del Vino, disponevano di una proprietà con piscina e vista sul lago di Caldaro.

Per tentare di far sparire il denaro depositato sui conti correnti, i tre richiedevano alle banche l’emissione di assegni circolari, che non venivano mai incassati. Attraverso questo espediente, il denaro veniva spostato in un conto transitorio della banca, nella speranza di farla franca in caso di sequestri. Anche questa astuzia è stata però scoperta dai finanzieri grazie al continuo scambio informativo intercorso tra la guardia di finanza, l’unità d’informazione finanziaria della banca d’Italia (Uif) e le banche territoriali interessate. Questa sinergia ha permesso di congelare gli assegni circolari fraudolentemente emessi e a recuperare le risorse finanziarie illecitamente detenute dagli indagati.

Oltre agli immobili, agli assegni circolari e al denaro presente sui conti correnti, sono state sequestrate anche rilevanti somme in contanti. In particolare, nel corso di una perquisizione eseguita presso l’abitazione di uno degli indagati, i finanzieri hanno sequestrato circa 140mila euro, nascosti nel guardaroba.

Su decisione del giudice per le indagini preliminari, è stata disposta l’amministrazione giudiziaria di cinque delle società coinvolte.

Gli indagati dovranno ora rispondere dei reati di utilizzo ed emissione di fatture per operazioni inesistenti, omessa o infedele dichiarazione, dichiarazione fraudolenta, occultamento o distruzione di scritture contabili, indebite compensazioni, riciclaggio e autoriciclaggio. Degli 11 soggetti denunciati, otto erano prestanome reclutati tra gli operai edili, i quali figuravano come amministratori di società di cui sapevano poco o nulla.

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