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Cronaca

Influenza, una nuova scoperta sulla diffusione arriva anche da Trento

Un nuovo ceppo pandemico può essere trasmesso a molte più persone, e in definitiva diffondersi molto più velocemente nella popolazione, all'inizio dell’epidemia rispetto a quanto predetto dalla teoria tradizionale

"Questi risultati possono avere un impatto immediato sui piani di preparazione pandemica, fornendo indicazioni utili sulla tempistica di implementazione di alcune policy di intervento, come ad esempio quelle relative alla chiusura delle scuole. Infatti, queste potrebbero risultare molto utili se implementate ad inizio epidemia, perdendo di efficacia se implementate in corso avanzato di epidemia". Stefano Merler, ricercatore alla Fondazione Bruno Kessler di Trento è autore di una recente ricerca sul virus dell'influenza assieme a Marco Ajelli, anche lui nello staff di Fbk. Entrambi i ricercatori sono stati citati sulla prestigiosa rivista scientifica 'Pnas', che ha pubblicato l'articolo 'Measurability of the epidemic reproduction number in data-driven contact networks', di cui Merler e Ajelli sono gli autori assieme ad altri studiosi. Dagli studi pubblicati risulta che il virus dell’influenza, in particolare un nuovo ceppo pandemico, può essere trasmesso a molte più persone, e in definitiva diffondersi molto più velocemente nella popolazione, all’inizio dell’epidemia rispetto a quanto predetto dalla teoria tradizionale.

Le cause di questa accelerazione sono da ricercarsi nella struttura dei contatti tra individui (cioè con quante persone veniamo in contatto in un giorno, per quanto tempo, e dove). Meglio, spiegano i ricercatori, le cause sono nelle differenze sostanziali di queste strutture da individuo ad individuo: "Ad esempio i bambini tendono ad avere molti contatti con altri bambini a scuola, dove passano gran parte del loro tempo. Viceversa, gli anziani spendono il loro tempo prevalentemente con un gruppo ristretto di persone, tipicamente in ambiente famigliare. Queste differenze fanno in modo che, ad inizio epidemia, il virus possa diffondersi molto rapidamente in ambienti caratterizzati da un alto numero di contatti tra individui. Questo è il motivo per cui le scuole possono agire da amplificatore iniziale della trasmissione epidemica", spiegano gli studiosi.

Il fatto poi che tutti gli individui tendano ad incontrare ogni giorno prevalentemente sempre lo stesso gruppo di persone, può far decelerare altrettanto rapidamente la trasmissione epidemica, una volta che ad esempio si sono esaurite le possibili trasmissioni tra bambini nelle scuole. Anche questo è un risultato in contrasto con la teoria tradizionale. A questi risultati i ricercatori sono giunti studiando le differenze nelle strutture dei contatti tra individui in ambito famigliare, a scuola, nei posti di lavoro e nella comunità generale, e analizzando come queste differenze possano incidere sulla trasmissibilità dell’influenza. "Questi risultati, che abbiamo validato analizzando retrospettivamente la pandemia influenzale del 2009, la cosiddetta influenza suina, sono importanti per due motivi", afferma Stefano Merler. Non vi è quindi soltanto l'impatto immediato sulle politiche di prevenzione sanitaria, ma - spiega Merler - i risultati dello studio sono importanti anche perché "possono contribuire a sviluppare una nuova generazione di modelli matematici per predire in modo più accurato l’andamento di una futura pandemia influenzale. E questo è il primo passo per poter gestire in modo adeguato una grave emergenza sanitaria come quella derivata dell’emergere di un nuovo ceppo influenzale".

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