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Uguaglianza di genere in università: a che punto siamo?

All'università di Trento le donne sono la maggioranza, ma occupano appena il 17% dei posti da docente di prima fascia

Si chiama “leaky pipeline” o “soffitto di cristallo”: è il fenomeno per cui più la carriera lavorativa progredisce, più la componente femminile si riduce. All’interno dell’università di Trento, per esempio, le donne sono la maggioranza (il 50,6%) della popolazione studentesca e dei laureati (il 51,9%). Sono però solo il 37,8% dei dottorandi, il 27,5% del personale di ricerca a tempo indeterminato, il 31,5% dei docenti di seconda fascia e addirittura il 17,1% tra quelli di prima fascia.

È solo uno dei tanti dati che mostrano il divario di genere, anche all’interno delle università. Per questo l’ateneo di Trento, uno tra i primi in Italia, ha deciso di adottare il Gender equality plan (Gep, ovvero il piano della parità di genere), uno strumento ideato dalla Commissione europea nel 2012 e promosso nel 2012 da un vademecum della conferenza dei rettori delle università italiane. Il Gep è ormai un requisito indispensabile per accedere a finanziamenti nell’ambito dei bandi Horizon Europe e a risorse riferite ad alcuni ambiti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).

Il documento traccia linee di indirizzo e azioni da mettere in pratica nel periodo 2022-2024 a favore dell’equità di genere. Dal bilanciamento tra vita privata e vita lavorativa al riequilibrio di genere in organi e posizioni di vertice, dall’uguaglianza tra donne e uomini nel reclutamento e nella progressione di carriera all’integrazione della dimensione di genere nella ricerca e nei programmi di insegnamento al contrasto a violenza, mobbing e molestie.

Ma non si tratta solo di discriminazioni nei confronti del genere femminile. L’università di Trento guarda a tutte le molestie e lancia anche la campagna di comunicazione #finiscequi per “rifiutare ogni affermazione lesiva basata su genere, etnia, orientamento sessuale, disabilità, età, religione o altri fattori identitari”.

Campagna #finiscequi Uni Trento-2

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Aule, sale lettura, laboratori e spazi comuni sono stati tappezzati di manifesti in cui sono riportate frasi comuni, che a una prima lettura appaiono neutre e inoffensive, ma che contestualizzate e specificate svelano discriminazioni, esclusioni, molestie.

“Negli ultimi anni l’Università ha lavorato in maniera significativa sul piano della parità di genere, ma anche del contrasto alla violenza e alle molestie - afferma Barbara Poggio, prorettrice alle politiche di equità e diversità di UniTn -. Con questa campagna vogliamo dare un segnale forte: l’Ateneo cerca di evitare questo tipo di situazioni e invita la società tutta a porre attenzione all’uso del linguaggio”.

La campagna di sensibilizzazione è un modo per svelare le discriminazioni contenute nel linguaggio quotidiano, ma anche per informare la comunità studentesca e accademica sulla possibilità di rivolgersi alla Consigliera di fiducia, una figura di supporto, interna all’Ateneo, che svolge un ruolo di ascolto e mediazione, garantendo riservatezza e anonimato. “È una figura a cui possono rivolgersi le persone che studiano e lavorano in ateneo e che ritengano di aver subito situazioni di violenza, di molestie, di straining (stress forzato sul luogo di lavoro), di mobbing, di discriminazione - spiega Poggio -. È importante che tutta la comunità accademica conosca questa opportunità”.

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