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Servizi infanzia garantiti, ma non per tutti. I sindacati chiedono deroghe

Sindacati: "Tante le categorie messe in difficoltà dalla chiusura delle scuole. La Provincia integri i congedi Covid"

Ha fatto molto discurere l'ordinanza del presidente Maurizio Fugatti, firmata a ridosso della nuova classificazione del Trentino in zona rossa e che prevede che “per i periodi di sospensione dei servizi socio educativi della prima infanzia” sarà “ possibile svolgere attività in presenza anche in favore di figli e minori in affido di operatori sanitari in servizio nelle strutture sanitarie pubbliche e private, nonché nelle Rsa” del territorio provinciale.

“È un anno che siamo in emergenza sanitaria ed è assurdo che in Trentino come nel resto d’Italia non si siano messe in campo misure reali ed efficaci per sostenere i lavoratori e le lavoratrici che da oggi (lunedì 15 marzo ndr) sono alle prese anche con la chiusura di tutte le scuole" affermano i segretari di Filcams, Fisascat e Uiltucs. "In questo senso comprendiamo la volontà di tutelare gli operatori sanitari, ma la deroga prevista dall’ordinanza provinciale è troppo restrittiva. Ci sono tante altre categorie di lavoratori essenziali che in queste ore si trovano a fare vere e proprie acrobazie. Così si discrimina tra lavoratori ugualmente in difficoltà”.

I segretari di Filcams, Fisascat e Uiltucs rappresentano tra le altre categorie di lavoratori anche quelli che sette giorni su sette lavorano nei supermercati o nei punti vendita di beni “essenziali, le addette alle mense delle strutture sanitarie e i dipendenti delle cooperative che operano per l’Apss”. La situazione, per i sindacati, ha creato una disparità nelle valutazioni, perché sono tanti i lavoratori che continuano a lavorare in zona rossa e che necessitano la garanzia di servizi per l'infanzia. 

“Anche le cassiere come i banconisti dei supermercati non si sono fermati un giorno e anche i loro bambini sono a casa perché le scuole sono chiuse" dicono amari Paola Bassetti, Lamberto Avanzo e Walter Largher. "Si estenda almeno anche a loro la deroga per la frequenza di asili nido e scuole dell’infanzia. Pur consapevoli che questa resta comunque una soluzione limite, di cui possono usufruire in pochissimi e lascia molti lavoratori e soprattutto lavoratrici di fronte al bivio se lavorare o usufruire dell'aspettativa dimezzando il proprio reddito. Si sani questa ingiusta discriminazione. Servono comunque misure più efficaci, estese e coraggiose”.
La richiesta che i sindacati fanno alla Giunta provinciale è quella di integrare il congedo Covid oggi previsto solo al 50 per cento della retribuzione. “Molte famiglie in questo anno di crisi hanno visto ridotto il loro reddito, a seguito dell’interruzione di molte attività e della cassa integrazione. Anche rinunciare al 50 per cento della retribuzione per alcuni può essere un sacrificio non sostenibile. La Provincia integri questo congedo almeno all’80 per cento o comunque nella stessa misura prevista dall’indennità di sospensione”.

Le tre sigle hanno sollecitato la Provincia anche a verificare in che misura si possano superare a livello locale alcuni limiti, come quell’impossibilità di usufruire del bonus baby sitter per chi non è autonomo o non rientra nelle categorie di sanitari e forze dell’ordine o degli autonomi e ancora la questione dell’alternativa tra smart working e congedo. “Lavorare in smart working e seguire i figli piccoli in Dad non è impresa semplice. Dunque, così come la Giunta provinciale ha tenacemente operato per tenere aperte le scuole il più possibile ci aspettiamo che sia altrettanto tenace nel mettere in campo misure innovative ed efficaci di conciliazione, usando al meglio in questa situazione di emergenza la nostra Autonomia”, concludono Bassetti, Avanzo e Largher.

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