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Reddito di cittadinanza, c'è la stretta: cosa cambia

La novità in un emendamento al decreto Aiuti approvato alla Camera e ora in Senato

C'è una svolta in vista per il reddito di cittadinanza, misura simbolo della legislatura iniziata nel 2018 e che si sta stancamente avviando alla conclusione con le elezioni politiche previste in primavera. Il reddito di cittadinanza resterà - non viene presa in considerazione l'ipotesi di una sua cancellazione - ma cambia pelle.

In particolare, spiega Andrea Maggiolo su Today, tra i rifiuti che possono costare la perdita del beneficio viene incluso anche il "no" a un'offerta congrua a chiamata diretta da un datore di lavoro privato. È quanto prevede un emendamento presentato dal centrodestra al decreto Aiuti, approvato dalle commissioni della Camera con il voto contrario del M5s. Ora dovrà passare l’esame del Senato entro la scadenza di metà luglio.

Reddito di cittadinanza: cosa cambia

Cosa significa? Vuol dire che le offerte congrue possono essere proposte "direttamente dai datori di lavoro privati" ai beneficiari che firmano il Patto per il lavoro, in cui è previsto l'obbligo di accettarne almeno una su tre. Il datore di lavoro privato comunica quindi il rifiuto al centro per l'impiego ai fini della decadenza. La modifica è il risultato di emendamenti identici riformulati presentati da Maurizio Lupi (Noi con l'Italia), Riccardo Zucconi (FdI), Rebecca Frassini (Lega), Paolo Zangrillo (FI), Lucia Scanu e Manuela Gagliardi (Misto). Un emendamento quasi identico era stato presentato da Marialuisa Faro, passata nel frattempo da M5s a Ipf, che lo ha ritirato. Il Partito democratico ha votato a favore, allineandosi al parere del governo.

La norma prevede inoltre che il ministro del Lavoro debba definire con decreto le modalità di comunicazione e di verifica della mancata accettazione dell'offerta congrua. Spetterà dunque al ministero del Lavoro, entro 60 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento, dettagliare le modalità di comunicazione e di verifica della mancata accettazione dell’offerta di lavoro congrua.

Le norme attuali, modificate dalla manovra 2022 (e quindi in vigore dallo scorso 1° gennaio), prevedono che è considerato congruo un lavoro a tempo pieno e indeterminato se dista meno di ottanta chilometri (anziché 100) o comunque raggiungibile in 100 minuti con i mezzi di trasporto pubblici, nel caso di prima offerta; in tutto il territorio nazionale (anziché 250 chilometri) se seconda offerta. Nel caso di un’offerta di lavoro a tempo determinato o parziale è definita congrua, sia se prima offerta sia seconda, se entro ottanta chilometri di distanza dalla residenza del beneficiario o comunque raggiungibile nel limite temporale massimo di cento minuti con i mezzi di trasporto pubblici. In caso di rifiuto di un’offerta di lavoro congrua, scatta una diminuzione mensile di 5 euro per ciascun mese a partire dal mese successivo a quello in cui si è eventualmente rifiutata un’offerta congrua. Al secondo rifiuto, il sussidio viene revocato (in passato si doveva arrivare invece a tre No).

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