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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Rapporto Caritas: in Trentino-Alto Adige il 50,8% di nuovi poveri

È l'impatto della pandemia. A Riva del Garda la fuga dei lavoratori del turismo

Sono dati impressionanti quelli del rapporto 2021 della Caritas su povertà ed esclusione sociale, presentato sabato 16 ottobre, alla vigilia della Giornata internazionale di lotta alla povertà (qui la versione integrale). 

A partire dall'impatto della pandemia sulla popolazione: nel 2020 la Caritas, con i suoi oltre 93mila volontari, ha sostenuto più di 1,9 milioni di persone. Di queste il 44% sono i cosiddetti 'nuovi poveri', cioè persone che si sono rivolte al circuito Caritas per la prima volta per effetto, diretto o indiretto, della pandemia. Il Trentino-Alto Adige è tra le regioni con la più alta incidenza di 'nuovi poveri', il 50,8%. Una realtà che era stata sottolineata anche dalla rete della solidarietà trentina in questi giorni, al momento della presentazione del progetto CiSiamo: solo dal Centro di Solidarietà vengono accolte oltre 200 famiglie al mese, il 56% in più rispetto al periodo pre covid.

Nel resto d'Italia, tra le regioni con più alta incidenza di 'nuovi poveri' si distingue la Valle d’Aosta (61,1%,) la Campania (57,0), il Lazio (52,9), la Sardegna (51,5%). 

Impatto della pandemia che si è fatto sentire pesantemente anche sul settore turistico. Il report Caritas cita quattro aree di interesse in tutto il paese: Assisi (in Umbria), Ischia (Campania), Venezia (Veneto) e poi la trentina Riva del Garda. Bastano alcuni dati per ognuna di queste realtà a far comprendere il quadro della situazione. Solo ad Assisi città e frazioni, tra giovani laici e religiosi, la Chiesa locale ha messo a disposizione da giugno 2020 a inizio 2021 circa 7200 ore di volontariato per servizi assistenziali, empori e attività di distribuzione. A Ischia il 70% degli operatori del turismo non lavora. Nel 2019 la Caritas sfamava 500 famiglie, oggi sono 2500 famiglie e sono in aumento perché su circa 15000 lavoratori stagionali almeno il 50% non ha ricevuto nessun tipo di supporto economico. A Riva del Garda la crisi del turismo ha prodotto una fuga della manodopera, in gran parte straniera, ripartita verso i paesi di origine e mai più ritornata. Viene confermato un trend di crescita delle persone incontrate e aiutate da Caritas, con 302 nuclei familiari seguiti e un migliaio di persone coinvolte nel 2020, su una comunità di riferimento di circa 20.000 abitanti (dati in linea anche per il primo trimestre 2021. A Venezia lo scoppio dell’emergenza ha prodotto un crollo dei flussi turistici con in un calo di entrate di 2miliardi di euro. Per sostenere le famiglie, la diocesi ha istituito il Fondo San Nicolò, distribuendo circa 250.000 euro.

Ciò che appare molto interessante - è scritto nel rapporto - è però l’approccio pedagogico che sia la Caritas diocesana di Trento che quella parrocchiale di Riva hanno abbracciato, trasformando la pandemia in un’occasione di riflessione e presa di coscienza di una realtà locale tradizionalmente abituata a un certo benessere.

"Abbiamo dovuto rivedere i servizi diocesani per rispondere all’emergenza, ma anche rivedere tutta la presenza sul territorio. L’esigenza è stata quella di avere nuovi punti di riferimento per le persone, con modalità di incontro nuove e diversificate a seconda dei territori. La pandemia ci ha in qualche modo fatto aprire gli occhi sull’obiettivo: ricostruire un tessuto sociale, più che rispondere all’emergenza. La rete diventa fondamentale per questa sfida. Non abbiamo enorme esperienza di questo, visto che siamo un territorio storicamente ricco".

In particolare, per la Caritas di Riva, la pandemia è stata un’occasione di radicale rinno- vamento, sia nell’organico che nella strutturazione dei servizi.

"La povertà che incontravamo era sommersa e 'tradizionale', legata a due tipi di popolazione: i migranti che ancora non si erano inseriti e coloro che hanno sempre vissuto ai margini. La pandemia ha fatto saltare questo assetto, anche per il momento in cui è esplosa, proprio alle soglie della stagione turistica. È chiaro che nessuno si era 'programmato' per non lavorare. Tutti contavano sul fatto di ricominciare. Abbiamo dovuto ripensarci e metterci in rete: abbiamo creato un centro di emergenza in una palestra messa a disposizione dal comune. Questo ha attivato una serie di energie di rete e volontari nuovi, attorno al quale di fatto è nato un nuovo gruppo guida della Caritas locale".

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