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Processo Perfido, rimandata la decisione sulle eccezioni, revocati i domiciliari a Cipolloni

Procede all’insegna del covid il primo processo contro la ‘ndrangheta in Trentino: due gli imputati positivi nel corso della seconda udienza tenutasi oggi in Corte d'Assise a Trento

Procede all’insegna del covid il primo processo contro la ‘ndrangheta in Trentino. Alla seconda udienza del filone principale del processo Perfido svoltasi giovedì 3 febbraio in Corte d'Assise a Trento erano due gli imputati positivi: Innocenzo Macheda, ritenuto il capo dell’associazione locale e il riferimento diretto della cosca calabrese dei Serraino, e Pietro Denise.

Per non rinviare un’altra volta il processo (a gennaio la prima udienza era slittata dal 13 al 21 gennaio causa covid), il giudice Carlo Busato ha deciso di stralciare per ora la posizione dei due imputati e rinviare l’esame delle loro posizioni al 18 febbraio, procedendo invece con gli altri imputati. 

Nel filone principale del processo (per chi scelto i riti alternativi il processo è cominciato lo scorso dicembre) sono 14 gli imputati: Innocenzo Macheda, Giuseppe Battaglia, Mario Giuseppe Nania, Pietro Denise, Domenico Ambrogio, Pietro Battaglia, Giovanna Casagranda, Demetrio Costantino, Domenico Morello, Giovanni Alampi, Antonino Quattrone, Federico Cipolloni, Alessandro Schina, Vincenzo Vozzo.

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Rimandata dunque di due settimane la decisione della Corte d'Assise sulle eccezioni sollevate lo scorso 21 gennaio nel corso della prima udienza dagli avvocati della difesa. Eccezioni che l'accusa (composta dai tre pm Davide Ognibene, Maria Colpani e Licia Scagliarini) ha respinto in toto. In particolare, per quanto riguarda la presunta incompetenza territoriale del tribunale di Trento (gli avvocati degli imputati hanno chiesto che per l'accusa di mafia si proceda in Calabria), i pm hanno ribadito che "i protagonisti della 'locale' di 'ndrangheta operano stabilmente in Trentino". 

Cos'è successo durante la prima udienza del processo Perfido

Revocati infine gli arresti domiciliari nei confronti di Federico Cipolloni, ritenuto dall'accusa non solo membro dell'organizzazione mafiosa, ma anche promotore del sodalizio composto da Domenico Morello, Alessandro Schina e Fabrizio De Santis (la cui posizione è stata stralciata nella scorsa udienza perché ha scelto un rito alternativo). Con l'aiuto di prestanome e tramite operazioni inesistenti, avrebbe curato i contatti con i soggetti istituzionali e della politica romana e gestito le aziende ora sotto sequestro. 

Il giudice Busato ha accolto però la richiesta della procura disponendo per Cipolloni l'obbligo di dimora nel Comune di Roma dove egli risiede con l'obiettivo di "evitare contatti con l'ambiente trentino".

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