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Caruso: Omicron 5 "virus più contagioso al mondo"

Contagi e reinfezioni in aumento, ma i ricoveri restano sotto controllo. Il punto della situazione

Nella versione Omicron 5, Sars-CoV-2 è "forse oggi può essere considerato il virus più contagioso al mondo e proprio in questa caratteristica sta la sua pericolosità". A dirlo è stato il presidente della Siv-Isv (Società italiana di virologia), Arnaldo Caruso facendo il punto della situazione con l'Adnkronos. Rispetto al coronavirus che ci ha travolto come uno tsunami nelle prime fasi della pandemia Omicron "è sicuramente meno aggressivo" ha detto l'esperto, "ma resta problematico perché nel provocare tante infezioni può arrivare facilmente anche alle persone più fragili". Caruso ha dunque invitato "non sottovalutare" la sottovariante Omicron BA.5 destinata a diventare dominante. Un monito che ha lanciato soprattutto in vista dell'autunno perché "a ottobre il virus ritornerà" mentre l'ondata attuale è "la sorpresa che non ci si aspettava", che però "potrebbe essere solo una fiammata fugace".

Aumento le reinfezioni: più a rischio donne, giovani e non vaccinati

Come ricorda Today, l'aumento delle diagnosi è trainato anche dal fenomeno delle reinfezioni. Secondo l'ultimo monitoraggio realizzato da Istituto superiore di sanità (Iss) e ministero della Salute nell'ultima settimana la percentuale di reinfezioni sul totale dei casi segnalati è risultata pari a 8,4%, in aumento rispetto alla settimana precedente quando si era attestata al 7,5%".  "L'analisi del rischio di reinfezione a partire dal 6 dicembre 2021, data considerata di riferimento per l'inizio della diffusione della variante Omicron, - si legge nel Report - evidenzia un aumento del 'rischio relativo aggiustato' di reinfezione": nelle persone "con prima diagnosi di Covid-19 notificata da oltre 210 giorni rispetto a chi ha avuto la prima diagnosi di Covid-19 fra i 90 e i 210 giorni precedenti; nelle persone non vaccinate o vaccinate con almeno una dose da oltre 120 giorni rispetto ai vaccinati con almeno una dose entro i 120 giorni; nelle femmine rispetto ai maschi". 

Da quanto emerso le persone più a rischio reinfezione sono le donne, i giovani e i non vaccinati. Il maggior rischio nelle donne, ricorda l'Iss, " può essere verosimilmente dovuto alla maggior presenza di donne in ambito scolastico dove viene effettuata una intensa attività di screening e al fatto che le donne svolgono più spesso la funzione di caregiver in ambito famigliare. Il rischio maggiore di reinfezione è stato evidenziato anche "nelle fasce di età più giovani (dai 12 ai 49 anni) rispetto alle persone con prima diagnosi in età compresa fra i 50-59 anni. Verosimilmente - indica l'Iss - il maggior rischio di reinfezione nelle fasce di età più giovani è attribuibile a comportamenti ed esposizioni a maggior rischio, rispetto alle fasce d'età maggiore di 60 anni". Un rischio maggiore è riscontrato, infine, "negli operatori sanitari rispetto al resto della popolazione".

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