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'Ndrangheta in val di Cembra, Ferrari: "Nelle cave gli affari vanno avanti"

A un mese dall'inizio del processo Perfido, Walter Ferrari del coordinamento lavoratori porfido denuncia: "Si vogliono scaricare le colpe solo sui calabresi"

Alle udienze del processo Perfido, il primo su presunte infiltrazioni della ’ndrangheta in Trentino, in particolare nel settore delle cave di porfido in val di Cembra, Walter Ferrari non manca mai. Il portavoce del coordinamento lavoratori porfido (Clp) è da anni in prima linea nel denunciare le irregolarità del settore. Ma per parlare ci chiede di allontanarci dall’aula magna del tribunale di Trento - dove un mese fa, il 21 gennaio, è cominciato il filone principale del processo -: il clima è teso ed è meglio starsene in disparte. Non per gli imputati, la maggior parte dei quali è video-collegata dalle carceri di mezza Italia, ma per i parenti, anche loro sempre presenti in aula. Nonostante il processo in corso, la situazione in val di Cembra, spiega Ferrari, è rimasta quella di sempre.

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Venerdì 18 febbraio il processo è entrato nel vivo, mentre per gli imputati che hanno scelto riti alternativi la prima sentenza è arrivata già lo scorso 11 febbraio. Ferrari, come sta andando?
L’impressione è che si stia tentando di circoscrivere il problema a pochi calabresi, di scaricare su di loro le colpe. Mentre tutti gli altri rimangono dove sono e la situazione a Lona Lases (dove secondo la pubblica accusa avrebbe sede il gruppo ’ndranghetista trentino, ndr) è quella di sempre.

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Cosa intende?
Nella zona delle cave questi signori continuano a fare i loro affari, con la complicità dei grandi cavatori che gestiscono le concessioni.

Il sistema delle concessioni non è cambiato?
No, è non è cambiato neanche il sistema con cui si lavora, per questo mi indigno quando il presidente Fugatti si vanta del fatto che la Provincia si è costituita parte civile nel processo. Cos’ha fatto la giunta provinciale? La proporzione doveva essere 80-20, ovvero: l’80% del porfido viene estratto dai concessionari e lavorato in zona e il restante 20% finisce fuori dal territorio. Poi è arrivato Fugatti e la proporzione è diventata 60-40. Ma nella realtà è anche peggio perché nessuno controlla: il 40% viene lavorato in zona e il 60% va fuori. Finché esisterà questa esternalizzazione massiccia del lavoro senza controlli sulla manodopera, non ci potrà essere alcun cambiamento.

Alcune aziende sono però state sequestrate.
Certo, ma altre continuano a lavorare indisturbate, come quella di Macheda (Innocenzo Macheda, ritenuto il boss della cosca trentina, ndr) che è stata affidata al figlio. Ma questo ancora è poco: il problema non sono le poche imprese loro intestate, ma le tante aziende che hanno approfittato di questo sistema. Aziende che magari non sono coinvolte in questo processo, ma che hanno beneficiato di questo sistema per realizzare profitti enormi. Su questo i sindacati negli ultimi 20 anni hanno chiuso entrambi gli occhi.

Sta dicendo che anche la costituzione di parte civile dei sindacati Fillea-Cgil e Filca-Cisl è inopportuna?
Va bene costituirsi parte civile, ma dobbiamo sapere che si tratta di un’azione tesa a coprire le mancanze del passato. Se volessero davvero incidere sul settore, dovrebbero mettere in campo un’azione sindacale e politica affinché le condizioni del settore cambino. Azione che ad oggi manca.

E a livello amministrativo?
I Comuni sono gestiti dagli stessi personaggi di prima, a parte Lona Lases che è stato commissariato, con un commissario che però appartiene alla stessa compagine politica di chi amministrava prima.

Il commissariamento quindi non ha sortito effetti?
Assolutamente no. Noi infatti chiediamo una commissione d’accesso dell’Antimafia perché il commissario si sta occupando solo della normale amministrazione.

Lei si è detto preoccupato che la scelta di altri imputati di optare per i riti alternativi impedisca di portare a galla il “sistema cave”. Come mai?
Basti pensare a quello che è successo con Mustafà Arafat (considerato il braccio armato del sodalizio trentino, colui che intimidiva imprenditori, debitori e lavoratori, e già condannato in passato per il pestaggio dell’operaio cinese Hu Xupai, ndr). Con la richiesta di patteggiamento le accuse nei suoi confronti sono state drasticamente ridimensionate (dal 416bis, ovvero l’associazione mafiosa, al reato di assistenza agli associati previsto dall’articolo 418 del codice penale, ndr). I suoi legami con l’amministrazione comunale di Lona Lases guidata da un sindaco accusato di voto di scambio politico-mafioso non erano certo irrilevanti, ma non è stato possibile accertarli nel processo.

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Ferrari, come se ne esce?
Il sistema si scardina solamente se si mette mano alle concessioni, che non possono essere lasciate in mano ai Comuni, ma devono essere spostate fuori dalla zona. Poi, come detto, il materiale scavato deve essere lavorato dal concessionario sul territorio.

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