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Morti nelle Rsa, dura lettera della presidente Upipa: "Non saremo il capro espiatorio della tragedia"

Scontro tra l'ente che gestisce la maggior parte delle case di riposo trentine e l'assessore Segnana

E scontro tra l'Upipa, l'ente che gestisce la maggior parte delle case di riposo in Trentino, e l'assessore Stefania Segnana sulla situazione coronavirus nelle Rsa, situazione che vede il Trentino ai primi posti in Italia per decessi e contagi all'interno delle strutture per anziani. La frattura risale all'inizio dell'emergenza quando, lo scorso 6 marzo (vedi video sotto), l'Upipa si rifiutò di attenersi alle linee guida emanate dalla Provincia che prevedeva di non bloccare le case di riposo, come fatto in seguito, ma di lasciare che almeno un familiare o chi per lui (solitamente una badante) potesse entrare quotidianamente per dare assistenza agli ospiti. 

La paura era quella di far entrare il contagio nelle Rsa, quadro che di lì a poco è diventato purtroppo realtà. Secondo quanto dichiarato dal dirigente del Servizio Politiche Sociali Giancarlo Ruscitti, a capo della task force provinciale per l'emergenza, a marzo 2020 risultano 135 decessi in più rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Non tutti legati al coronavirus, ma i dubbi restano. Il presidente Fugatti ha dichiarato che "i conti si faranno alla fine dell'emergenza, da parte nostra c'è massima trasparenza sui dati, anzi preferiamo classificare come coronavirus qualche caso in più che qualcuno in meno".

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Da parte sua l'Upipa, si smarca dalle accuse: "Non possiamo accettare che si adombri sul nostro operato l’accusa di condotta dolosa. Chi l’ha indebitamente proferita se ne assumerà le conseguenze - scrive in una dura lettera la presidente Francesca Parolari - e APSP non saranno il capro espiatorio perfetto di tutta questa brutta vicenda, su cui scaricare colpe e responsabilità. Non permetteremo che a pagare sia l’ultimo anello della catena, chi sta in prima linea, chi di fatto ha subito un evento sconosciuto, che nessuno a livello mondiale ha saputo adeguatamente affrontare, e lo ha combattuto con gli strumenti che gli sono stati messi a disposizione". 

L'accusa è che sia stata l'Azienda sanitaria a prevedere di mantenere nelle Rsa ospiti affetti da Covid, che non richiedessero la terapia intensiva. Una mossa che ha caricato di lavoro le Rsa che, disperate, hanno lanciato una ricerca di personale purtroppo tardiva, ed hanno spesso dovuto fare i conti con una scarsità di dispositivi di protezione individuale generalizzata, almeno nella prima fase dell'emergenza. Attualmente nelle Rsa trentine sono ricoverati 573 pazienti Covid, i cai in Rsa dall'inizio dell'emergenza sono stati 625.

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