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Mancano gli stagionali, come Ambrosi (FdI) risolverebbe il problema

Occorre lavorare su formazione, alloggi e reddito di cittadinanza. Ambrosi: "Il reddito di cittadinanza è una delle cause principali"

Anche in Trentino la stagione turistica è partita bene, i numeri rassicurano dopo due anni di pandemia, ma non quelli del personale. Non si trovano stagionali, in tutta la provincia le imprese del settore evidenziano una seria carenza in merito. Mancano cuochi, camerieri, lavapiatti, pizzaioli e receptionist dall’Alto Garda alla Val di Fassa, dall’Altopiano della Paganella alla Valle dei Laghi.

Il probelma non riguarda solo il Trentino, ma anche tutte le regioni italiane a forte vocazione turistica. È importante agire, il consigliera provinciale Alessia Ambrosi (FdI) sottolinea come sia fondamentale lavorare a soluzioni che nel breve e nel lungo periodo vadano ad affrontare il problema su più fronti. Secondo Ambrosi bisogna investire sulle competenze dei lavoratori, attraverso percorsi professionalizzanti che vadano a sostenere la specializzazione e la notoria qualità italiana e trentina nel settore.

E anche, lavorare alla destagionalizzazione del turismo, smussando i picchi e prolungando le stagioni lavorative nei periodi primaverili e autunnali, che sempre più turisti prediligono vista la tranquillità e la bellezza delle valli e montagne in quei mesi, è un punto sul quale lavorare per Ambrosi. "In questo processo le ApT hanno e avranno un ruolo cruciale nel coinvolgimento degli operatori turistici - evidenzia Ambrosi -. Stagioni più lunghe significherebbero infatti maggiori possibilità di stabilizzazione e fidelizzazione del personale".

Un altro problema è la carenza di alloggi per i lavoratori. "In zone ad alta intensità turistica si potrebbero rifunzionalizzare le strutture dismesse per usi accessori all’attività alberghiera, anche attraverso la creazione di consorzi o il ricorso a forme di incentivazione - continua il consigliera -. Sul modello delle 'foresterie per stagionali' del comparto agricolo, si potrebbero utilizzare le cosiddette 'case per ferie' autogestite per far soggiornare i dipendenti delle aziende ricettive in camere con bagno privato e con spazi comuni (senza fini di lucro, come previsto da statuto negli enti gestori di case per ferie). Vi è infatti un’alta percentuale di personale dipendente che non risiede stabilmente nelle nostre zone turistiche per cui avere un alloggio in loco sarebbe importante, specialmente in un periodo di iperinflazione sui carburanti".

Dito puntato contro il reddito di cittadinanza. "Si tratta di uno strumento che in Italia sta provocando forti distorsioni al mercato del lavoro - conclude Ambrosi -. Certamente chi versa in condizioni di povertà o indigenza deve essere tutelato adeguatamente, ma il reddito di cittadinanza si sta rivelando una mera forma di assistenzialismo generalizzato che paralizza lo sviluppo del nostro Paese. Il reddito di cittadinanza può funzionare in uno Stato come quelli del Nord Europa, dove c’è un mercato del lavoro fluido e dinamico, ma non in Italia dove i centri per l’impiego sono storicamente incapaci di mettere in connessione domanda e offerta di lavoro e dove la rete di controlli sull’erogazione di questo sussidio ha evidenziato falle enormi. Non possiamo più tollerare che il reddito di cittadinanza finisca nelle mani di criminali, spacciatori, malavitosi, o di chi unisce il sussidio al lavoro nero. Perché non spostare i fondi dedicati al reddito di cittadinanza per sgravare il cuneo fiscale sulle imprese, incentivare l’assunzione dei giovani o favorire gli investimenti produttivi? Ormai è evidente: il reddito di cittadinanza ha fallito".

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