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Scoperta grazie alle impronte fossili una nuova specie di antico rettile delle Alpi

Passa anche dal Muse di Trento l'identificazione di un nuovo tipo di impronta fossile risalente a 250 milioni di anni fa

Due fossette impresse nella roccia, nascoste da qualche ciuffo d'erba. Un segno diverso da tutti gli altri, che ha portato gli scienziati di un gruppo di ricerca, tra cui Massimo Petti e Massimo Bernardi del Muse, ad identificare un nuovo tipo di impronta fossile, quindi i teoria una specie di dinosauro finora sconosciuta. Una specie di gigantesco coccodrillo con la testa di un T-Rex, che passeggiava sulle montagne della Val Maira, in provincia di Cuneo, 250 milioni di anni fa.

All'epoca quelle montagne erano, di fatto, sulla linea di costa marina, probabilmente in prossimità del delta di un fiume. A quelle montagne la "nuova specie" deve il suo nome: Isochirotherium gardettensis, dal nome dell'Altopiano della Gardetta, sul quale sono state identificate le impronte. La scoperta del sito, che contiene diverse tracce di calpestio dell’icnogenere Chirotherium, risale ad una decina di anni fa ad opera del geologo dronerese Enrico Collo.  Studi più approfonditi furono eseguiti nel 2008, insieme al prof. Michele Piazza dell’Università di Genova e nel 2009 con Heinz Furrer dell’Università di Zurigo.

Dopo anni si è arrivati ad identificare il nuovo tipo di impronta, e la ricerca è stata pubblicata sul sito del gruppo di riviste scientifiche PeerJ. Al team hanno partecipato geologi e paleontologi del Muse di Trento, dell’Istituto e Museo di Paleontologia dell’Università di Zurigo e delle Università di Torino, Roma Sapienza e Genova, in accordo con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Alessandria Asti e Cuneo.

“È stato molto emozionante notare appena due fossette impresse nella roccia, spostare un ciuffo erboso e realizzare immediatamente che si trattava di un’impronta lunga oltre trenta centimetri: un vero tuffo nel tempo profondo, con il privilegio di poter appoggiare per primo la mano nella stessa cavità dove in centinaia di milioni di anni se n'era appoggiata soltanto un'altra; mi è venuto spontaneo rievocare subito l'immagine dell'animale che lasciò, inconsapevolmente, un segno duraturo nel fango morbido e bagnato, ma destinato a divenire roccia e innalzarsi per formare parte della solida ossatura delle Alpi”, ha dichiarato il paleontologo Edoardo Martinetto del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Torino, primo scopritore delle nuove tracce.

Tracce di moto ondoso lasciate circa 250 milioni di anni fa su un fango sabbioso ora diventato roccia-2

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