Nuovo Dpcm del 24 ottobre: comparto terziario in ginocchio
Il disappunto di Confesercenti e della Federazione italiana degli esercenti pubblici e turistici per le direttive in vigore dal 26 ottobre
A meno da 12 ore dalla divulgazione del terzo Dpcm (Decreto del presidente del Consiglio dei ministri) di ottobre, arrivano contestazioni e proteste da parte dei vari settori. Massimiliano Peterlana,vicepresidente Confesercenti e presidente Fiepet (Federazione italiana degli esercenti pubblici e turistici), in una nota alla stampa, descrive il disappunto della categoria che, come tutte, si è dovuta adeguare alle direttive investendo nei locali, nella consapevolezza di dover fare la propria parte nella lotta contro la pandemia.
«Ci aspettavamo dalla autorità degli interventi puntuali e circoscritti alle situazioni dove le regole non vengono rispettate, anziché un intervento a tappeto che colpisce tutti indistintamente – afferma Peterlana – . Bar, pub e ristoranti, alberghi e strutture ricettive hanno investito molto per garantire la sicurezza dei cittadini, dei consumatori e dei lavoratori».
Solo con l'annuncio di una nuova stretta, già nei giorni scorsi, è stato perso tra il 20 e il 40% dell'incasso nel comparto ristorativo. «Si tratta di un ulteriore colpo per un settore estremamente provato dalla crisi economica, dal lockdown e dallo smart working - afferma Peterlana -. Occorre ricordare che dietro a queste attività ci sono famiglie di imprenditori e lavoratori che vivono grazie alle loro aziende. Il tessuto socio-economico di ogni città è gravemente in pericolo. Chiudere in anticipo e in maniera indiscriminata le attività porterà più danni che benefici, con operatori sempre più in difficoltà. Cosi non possiamo lavorare e ci teniamo costi e spese».
Reclama interventi immediati e su tutti i costi aziendali il portavoce Fiepet: «Interventi di sostegno certi, rapidi e adeguati, destinati alle imprese. Un ritardo è inammissibile: significherebbe la morte delle attività e un sistema economico che rischia di collassare. Occorre azzerare su costi fissi e bollette, rifiuti e occupazione suolo pubblico, una certezza per i dipendenti in cassa integrazione, servono interventi decisi, ancora troppo spesso lasciati alla libera iniziativa di amministratori locali e quindi disomogenei sul territorio e del tutto insufficienti».