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CONSUMI

La crisi della CO2 non tocca i birrifici trentini

La produzione artigianale delle "bionde" si smarca dalla carenza di anidride carbonica

La questione della crisi che sta coinvolgendo l’anidride carbonica è un problema tutt’altro che secondario, soprattutto per il comparto delle bevande. Nelle scorse settimane, l’Assobibe, l’associazione di Confindustria rappresentante dei produttori di bevande analcoliche in Italia, ha lanciato l’allarme sul fatto che numerose aziende avevano difficoltà a reperire l’anidride carbonica sul mercato. Un effetto dell’aumento dei costi energetici del periodo e delle difficoltà di trasporto.

Se il problema riguarda le bevande frizzanti analcoliche, è chiaro che anche il mondo della birra guarda con interesse, e un velo di preoccupazione, all’evoluzione di questa crisi. Va detto, infatti, che le bollicine delle schiumose bionde sono generate soprattutto dalla seconda fermentazione delle birre in bottiglia o in tank, grazie a lieviti che, consumando lo zucchero, producono alcol e CO2. Non mancano, però, i produttori che aggiungono anidride carbonica ai loro prodotti; in questo caso, la storia cambia.

E, in Trentino, la situazione com’è?

Al Birrificio Artigianale 5+ di Mattarello, l’anidride carbonica viene usata solo per l’immissione in cisterne e, facendo la rifermentazione del prodotto in bottiglia, la crisi della CO2 non si sente. La questione, inoltre, riguarda anche gli impianti, come pub e bar, in cui si spina la birra, usando appunto l’anidride carbonica. In questo senso, il birrificio di Lucia Del Vecchio e Massimo Plotegher ha puntato sui fusti con la sacca, che utilizzano un compressore a ossigeno per la spinatura della birra.

Che la questione della CO2 riguardi soprattutto la spinatrice lo confermano anche a Birra del Bosco, a San Michele all’Adige, aggiungendo che, fortunatamente, i produttori artigianali come loro non vanno incontro a problemi, cosa che invece accade per i grandi marchi.

Nessun problema di CO2 nemmeno per il birrificio dell’azienda Lucia Maria Melchiori di Predaia e per la Teddy Bier di Mori, con questi ultimi che sostengono che l’unico problema sia l’aumento del costo dell’anidride carbonica, cresciuta come la stragrande maggioranza delle materie.

Insomma, sulla questione dell’anidride carbonica nei birrifici trentini si percepisce piena tranquillità.

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